tratto da "Il Giornale" del 31 luglio 2022
Dal sito "sacro" continuano a emergere statue. E a Cabras è pronto il museo che le accoglierà tutte
Luigi Mascheroni
Cabras (Oristano). La storia che raccontano i Giganti di Mont'e Prama è lunga tremila anni, dal IX secolo a.C., quando furono scolpiti ed eretti lungo la strada che corre verso lo Stagno di Cabras, fino a oggi, orgoglio della Sardegna, custodi di pietra di un passato ancestrale, eroico, misterioso. Furono scoperti, nella primavera del 1974, da due contadini, quando il loro aratro incocciò una pietra levigata che sembrava un volto. Poi ne trovarono un'altra, e un'altra ancora... Ci vollero anni per capire cosa fossero quei frammenti, di chi erano quei volti. Ma si intuì subito che si trattava della più grande scoperta archeologica d'epoca recente nell'area del Mediterraneo.
Penisola del Sinis, Sardegna centro-occidentale, attorno al grande stagno di Cabras. Oggi la terra è cotta dal sole, il caldo dell'estate è torrido, i centri abitati rari, isolati. Nel I millennio a.C. era una terra pianeggiate, fertile e per quei tempi ricca: per la caccia, la pesca, le insenature, il golfo, l'acqua dolce, la posizione felice per i commerci, le risorse minerarie. Il Sinis, a nord, è chiuso dai Montiferru. È qui, dove la presenza di uomini civilizzati è attestata da almeno settemila anni, che ai piedi della bassa collina - poco più di 50 metri sul livello del mare nel corso del IX secolo a.C. alcune comunità tardo nuragiche cominciano a seppellire i loro morti in tombe a pozzetto, coperte da cumuli di pietra, e poi, col passare del tempo, crescendo la potenza e la ricchezza di una società sorprendentemente avanzata e complessa, decidono di scolpire grandi statue nell'arenaria, in blocchi estratti da cave distanti qualche chilometro da qui, per arricchire la parte più nobile della necropoli, probabilmente riservata all'élite guerriera e sacerdotale. Eccoli, i Giganti di Mont'e Prama. Non si sa chi siano esattamente (antenati? eroi mitici delle leggende nuragiche?) ma di certo il loro compito era sorvegliare, silenziosi e imponenti, le tombe disposte sulla via sacra che scendeva verso lo stagno. Finora, dal '74 a oggi (due nuovi ritrovamenti sono stati fatti a maggio, due mesi fa) dal terreno, a trenta centimetri circa di profondità, sono emersi 5.178 frammenti che hanno permesso di ricostruire, parzialmente, 32 grandi statue, alte fra il metro e 85 e i due metri e 15 centimetri, collocate su basamenti di pietra e che avevano, in origine, anche elmi con corna animali molto lunghe, quindi di molto superiori all'altezza media degli uomini dell'epoca, e raffiguranti almeno tre diversi «tipi» di uomini: i guerrieri, i pugilatori e gli arcieri. Le statue, che non hanno altri paragoni con la storia dell'arte occidentale, sono bianche e lisce, ma non è escluso che in origine avessero uno strato di colore, e di certo portavano, in pugno e sulla schiena, lance e spade di ferro. Se oggi gli studiosi sono concordi nel ritenere che la funzione dei Giganti fosse quella di segnare dal punto di vista monumentale un luogo sacro, resta da capire quali popolazioni, in quale epoca - forse prima dell'arrivo dei punici - e per quale ragione abbatterono le statue, distruggendole. La caduta dei Giganti fu provocata da una «guerra civile»? O da invasori? O da cause naturali (che però non spiegherebbero la frammentazione)?
«Sos gigantes de Monti Prama», si dice in sardo. A oggi le statue ricostruite sono 28, più altre quattro da ricomporre, ma chissà quante altre giacciono nascoste sottoterra: la campagna di scavi continua e sarà ancora lunga. Venti sono al Museo archeologico di Cagliari, una è itinerante per una mostra, una in restauro e sei sono qui, al Museo di Cabras, centro nevralgico del Sinis, a pochi chilometri in linea d'aria, al di là dello stagno, dall'area dei ritrovamenti, destinata a breve a diventare Parco archeologico protetto. Eccoli qui i sei giganti di Cabras, allineati uno accanto all'altro nell'ultima sala del percorso di visita: l'allestimento è semplice, per nulla scenografico, ma l'effetto è potente. Vederli a pochi centimetri, accorgersi delle lunghe trecce che scendono sul busto, distinguere le decorazioni dei gambali, fissare i grandi occhi rotondi a doppio cerchiello che ricordano il robot di Guerre stellari C-3PO, notare i dettagli delle stole... - ci indica tutto l'archeologa Nicoletta Camedda che ci accompagna nella visita - è qualcosa di incomparabile, e di magico. Qui, nei depositi del museo, ci sono anche le due statue disseppellite da poco.
Ma presto tutti i Giganti - questi di Cabras, quelli di Cagliari e quelli in restauro - saranno radunati in un unico luogo, nella nuova ala del museo, qui accanto. È un lungo parallelepipedo orizzontale affacciato sullo stagno: sugli ampi pannelli esterni si vedono già delle meravigliose decorazioni che citano le sculture di sabbia del grande artista sardo Costantino Nivola, e all'interno è suddiviso in due grandi sale in cui sarà ricostruita la necropoli di Mont'e Prama. «L'ala del museo sarà terminata entro l'anno e l'apertura con il nuovo allestimento è prevista per la primavera 2023, e a quel punto, una volta trasformato il sito degli scavi in Parco archeologico, invece di arrivarci con i pullman o in auto - ora ci vuole un quarto d'ora circa - si potrà raggiungerlo direttamente dal museo attraverso lo stagno con un battello elettrico», spiega Anthony Muroni, nato in Australia ma sardo di origine, presidente della Fondazione Mont'e Prama costituita dal ministero per i Beni culturali un anno fa per valorizzare l'immenso patrimonio del sito archeologico. «Stiamo organizzando un tour europeo dei Giganti a Parigi, Barcellona e Londra; e poi negli Stati Uniti nel 2023-24, sulle due coste, a New York e San Francisco. E poi nel 2025 l'obiettivo è il gemellaggio tra i Giganti di Mont'e Prama e i guerrieri di Xi'an, in Cina, con due grandi esposizioni parallele. C'è un filo rosso che lega le grandi statue del Sinis all'Esercito di terracotta cinese: sono entrambi testimoni di due straordinarie civiltà del passato e sono stati scoperti nello stesso anno, il 1974». Da allora sono passati quasi cinquant'anni. Per molto tempo di loro non si sapeva nulla. Oggi i Giganti, pronti a entrare in una nuova casa, sono diventati quasi gente di famiglia, per i sardi.
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