lunedì 20 maggio 2024

Erzsébet Bàthory: la storia oscura di una "Dracula al femminile"

tratto da "Il Giornale" del 17 ottobre 2023

Passata alla storia come la "contessa Dracula”, Erzsébet Bàthory avrebbe ucciso centinaia di donne, ma ancora oggi c’è chi mette in dubbio questa cupa versione dei fatti

di Francesca Rossi


Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento la contessa Erzsébet Bàthory avrebbe assassinato tra le 100 e le 300 persone, diventando uno dei più feroci serial killer che la storia abbia mai conosciuto. Per alcuni, addirittura, le sue vittime sarebbero state più di 600, sebbene per gli storici questo numero non sia confermato. La vita della “contessa Sanguinaria” o “contessa Dracula”, come è passata alla Storia la Bàthory, è sempre stata in equilibrio tra realtà e leggenda nera e oggi c’è persino chi ritiene che la contessa possa essere finita al centro di un complotto studiato per screditare il suo nome e la sua famiglia.

La giovane Erzsébet

Un’aristocratica che fa il bagno nel sangue delle sue vittime: questa è una delle prime immagini che vengono in mente quando ci ritroviamo di fronte al nome della contessa ungherese Erzsébet Bàthory (1560-1614). Giovani donne uccise per garantire un folle ideale di eterna bellezza e giovinezza, terrore e torture che sarebbero cessati solo nel 1610, con l’arresto della nobildonna. I fatti, però, potrebbero essersi svolti in un altro modo. Erzsébet, erede di una delle dinastie protestanti più importanti e potenti della Transilvania, visse la sua giovinezza con i genitori, Anna e George Bàthory, nel castello di Čachtice, il luogo che ben presto sarebbe divenuto il teatro dei suoi presunti, efferati omicidi.

La contessa ricevette un’educazione eccellente, degna del suo rango e quando compì 11 anni il padre, come da tradizione all’epoca, la promise in matrimonio al conte Ferenc Nàdasdy, un cugino che aveva 5 più di lei. Erzsébet si trasferì nel castello del futuro sposo, dove sarebbe rimasta incinta di un servitore. Ferenc, però, avrebbe deciso di non punirla: troppo interessato alle ricchezze dei Bàthory, per nulla al mondo si sarebbe fatto sfuggire l’occasione di un matrimonio così vantaggioso. Così avrebbe riversato tutta la sua rabbia sul servitore, evirato e messo a morte.

L’8 maggio 1575 Ferenc ed Erzsébet si sposarono a Varanno (oggi in Slovacchia). Dettaglio interessante: fu il marito a prendere il cognome della moglie, data la fama dei Bàthory. La coppia andò a vivere nel castello di Čachtice ed ebbe 4 figli. Ferenc era spesso assente, impegnato nelle battaglie contro i turchi. La sua ferocia e la sua audacia gli valsero il soprannome di “Cavaliere Nero d’Ungheria”. Il 4 gennaio 1604, però, morì durante uno degli scontri con l’impero ottomano. La presunta leggenda nera di Erzsébet iniziò ufficialmente da questo momento.

Sadismo e magia

Gli storici non escludono che il re Mattia II d’Ungheria (1557-1619) fosse coinvolto nella morte di Ferenc, che in qualche modo l’avesse favorita per prendersi i possedimenti dei Bàthory. In fondo, potrebbe aver pensato il sovrano, morto il Cavaliere Nero ad amministrare le ricchezze della famiglia rimaneva solo sua moglie, una donna che non aveva né esperienza, né capacità. Se davvero era questa la sua opinione, si sbagliava. Erzsébet dimostrò di saper governare il suo feudo e si alleò persino con il nipote, il principe di Transilvania Gàbor I, per muovere guerra contro Mattia II d’Ungheria.

Era diventata un personaggio pericoloso, scomodo. Da eliminare. Nei fatti, però, non era così semplice, dato il potere di Erzsébet. Bisognava trovare o, se era il caso, addirittura inventare un appiglio, qualcosa che avrebbe distrutto per sempre sia lei, sia la sua dinastia. Dal 1604 iniziarono a circolare voci inquietanti su ciò che accadeva tra le mura del castello di Čachtice. Si diceva che la contessa Bàthory praticasse la stregoneria, a cui l’avrebbe iniziata una certa Dorothea Szentes, detta Dorka. Ma questo è niente. I servitori sarebbero stati puniti in modo atroce e sadico anche per delle piccole mancanze. Inoltre continuavano a scomparire misteriosamente le ragazze più belle e giovani del luogo. Mattia II volle vederci più chiaro e avviò un’indagine sulla Bàthory.

Stando alle ricostruzioni la contessa avrebbe iniziato a compiere le sue efferatezze molto prima del 1604, forse già dal 1585. Suo marito non solo sarebbe stato a conoscenza degli atti di sadismo e degli omicidi, ma avrebbe addirittura assecondato questo comportamento deviato. Sembra, infatti, che Ferenc non fosse tanto diverso da Erzsébet, visto che i due si scambiavano per lettera “consigli” sui modi più atroci per torturare le loro vittime. Non basta: la contessa avrebbe mostrato segni di squilibrio mentale già da ragazzina, insieme all’epilessia di cui soffriva, malattie che sarebbero state molto comuni nella sua famiglia.

Il castello degli orrori

Mattia II d’Ungheria ordinò al conte György Thurzo di organizzare una spedizione al castello di Čachtice per rendersi conto di persona quanto fossero veri i sinistri pettegolezzi sulla Bàthory. Quando varcò la soglia della residenza, il 30 dicembre 1610, Thurzo si sarebbe trovato di fronte uno spettacolo raccapricciante: una serva era distesa agonizzante in giardino, un’altra ragazza forse già morta era all’interno del castello, mentre decine di altre si trovavano, ferite o moribonde, nei sotterranei. Erzsébet avrebbe accolto il suo ospite con grande disinvoltura, come se fosse tutto normale e non vedesse lo scempio che aveva compiuto.

La contessa venne arrestata e condotta a Bytca (nel Nord della Slovacchia), dove venne processata. Dato il suo rango, rifiutò di essere giudicata da una corte, ma ciò non cambiò affatto la sua sorte. La sua piccola corte venne interrogata e confessò che la Bathory avrebbe attirato nel castello molte ragazze con la scusa di un lavoro oppure, nel caso di giovani nobildonne, della possibilità di entrare a far parte del suo seguito. Una volta chiuse nella residenza per le vittime sarebbe iniziato l’inferno: i complici della contessa le avrebbero picchiate, torturate con ferri incandescenti, frustate. I loro cadaveri sarebbero stati sepolti nel parco del castello.

Qui storia e leggenda, già fortemente intrecciate, si fondono senza soluzione di continuità. Questa pazzia cruenta, infatti, avrebbe avuto uno scopo altrettanto folle e terribile: assicurare a Erzsébet Bàthory l’eterna giovinezza. Alcuni testimoni raccontarono che un giorno, mentre picchiava una delle sue domestiche, la contessa si sarebbe sporcata la mano di sangue. Mentre si ripuliva avrebbe notato che nel punto esatto in cui erano cadute le gocce la pelle pareva ringiovanita, più morbida. Un delirio assoluto che l’avrebbe spinta a farsi il bagno nel sangue delle vittime e persino a berlo. Da questo aneddoto sarebbe nato l’appellativo di “contessa Dracula”.

Rinchiusa a vita

La Bàthory evitò il processo, ma non la condanna. Il tribunale stabilì che venisse rinchiusa a vita in una delle stanze del suo castello, senza la possibilità di vedere la luce del sole. L’unico contatto tra la contessa e il mondo esterno era una fessura da cui le veniva passato il cibo. Erzsébet morì il 21 agosto 1614. Nel testamento chiese di essere sepolta nella chiesa di Čachtice, ma gli abitanti del villaggio non vollero nemmeno sentir parlare di una sepoltura in terra consacrata. Così la “contessa Sanguinaria” finì nel cimitero di Ecsed, nella zona Nord Est dell’Ungheria.

I suoi complici vennero giustiziati e le loro ceneri disperse, in modo che, come suggeriva un’antica superstizione, le loro anime non potessero riposare in pace. Tutti i beni di Erzsébet Bàthory vennero incamerati dalla Corona ungherese. Ciò impone una riflessione: la leggenda nera della contessa è reale, oppure venne inventata da Mattia II come pretesto per impossessarsi dei beni dei Bàthory? È impossibile stabilirlo con certezza, ma forse ci troviamo di fronte a uno di quei casi per cui vale il detto secondo il quale “la verità sta nel mezzo”.

Forse la contessa non fu una serial killer e il numero di vittime attribuitole venne gonfiato da un’abile campagna diffamatoria. D’altro canto, però, Erzsébet sarebbe stata tutto fuorché un angelo. La violenza cruda, la profonda malvagità che avrebbero caratterizzato la sua personalità potrebbero aver avuto origine dai disturbi mentali di cui avrebbe sempre sofferto.

La contessa, in un certo senso, avrebbe offerto il fianco a Mattia II, aiutandolo inconsapevolmente a tessere la tela che l’avrebbe imprigionata fino alla morte.

venerdì 10 maggio 2024

Contro la malinconia

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/malinconia/


Un antico rimedio contro la malinconia con la Verbena


La malinconia e la melanconia sono state al centro delle ricerche dei medici e dei filosofi sin dall’antichità, sulle cause di questa e sui rimedi contro la malinconia (melanconia) ha diffusamente scritto, ad esempio, Marsilio Ficino nel De Vita. Marsilio ci dice che la verbena: «favorisce la profezia, la letizia, le espiazioni e la vista». Nell’articolo di oggi ti propongo un rimedio contro la malinconia presente in un libro di segreti pubblicato a Palermo nel 1711. 

Ogni «ricetta» o rimedio proposto nel libro è numerato, quello contro la malinconia è il 71.

Segreto 71

«A fare che l’uomo malinconico stia allegro togli foglie di Verbena, e falle bollire in buon vino bianco; e di questo vino usi a bere; e di quest’erba mettine nella minestra, così starà sempre allegro. Ancora, togli grana di genepri (ginepri) e mettili sulle braci, prendi quel fumo per il naso e la bocca e ti farà stare in allegria». (Filigeo Dilao, Tesoro di Secreti, Nuovamente scoperto a beneficio della comune salute, Palermo 1711).

A questa pianta, una delle piante magiche e sacre per eccellenza della tradizione dedicherò uno o più articoli. 

La verbena, ha tra le altre caratteristiche, nella tradizione popolare quella di tenere lontani o indebolire i vampiri. 

Anche il ginepro nella tradizione ha avuto diverse funzioni, bruciarne il legno aveva scopi propiziatori e terapeutici. Le fumigazioni, così come proposte dal nostro autore, ad esempio, funzionavano contro i germi e servivano al malato nel percorso di guarigione.  

Attenzione non fatelo a casa. La verbena è utilizzata ancora oggi, ma i rimedi qui proposti non voglio avere un valore medico terapeutico, quanto, essere una curiosità storica. 

domenica 28 aprile 2024

4° CONVEGNO UAP&AEROSPAZIO, 5 maggio 2024 al Simon Hotel di Pomezia

Il 5 maggio 2024 il CSUW - CENTRO STUDI UAP WORLD (www.centrostudiuapworld.com)con i ricercatori aderenti si riunisce per il 4° CONVEGNO UAP & AEROSPAZIO (www.convegnouapworld.com) per dar spazio al pubblico, addetti ai lavori e media per ascoltare le peculiari ricerche che portano avanti su tematiche che devono essere affrontate con spirito di scientificità. Ogni relatore esporrà le proprie personali ricerche in una frizzante domenica nella tecnologica Sala Convegni ZEUS presso il Simon Hotel di Pomezia. Il CSUW è stato fondato nel 2021 dalla dottoressa Francesca Bittarello nota ricercatrice a livello internazionale con all'attivo 3 libri sul fenomeno UAP, e tra le cariche onorarie del CSUW si annovera il Già Sottosegretario di Stato alla Difesa Gen. Domenico Rossi che sarà presente come Relatore il 5 maggio al Convegno e l' Arch. Paolo Monti il primo al mondo ad aver inviato un opera artistica nello spazio con il Satellite Edusat 37788. I Convegni sono organizzati dalla stessa Francesca Bittarello con la sua azienda LUX-CO EDIZIONI e la partecipazione della PROTEZIONE CIVILE ECHO DI POMEZIA. I CONVEGNI UAP-AEROSPACE sono la nuova generazione dei Convegni sugli Unidentified Anomalous Phenomena/Aerospace nella tecnologica Sala Congressi del Simon Hotel di Pomezia con tutti i Comfort per i partecipanti. La nuova era dei Convegni scientifici legato al fenomeno UAP i convegni in Italia ad alto tasso di credibilità scientifica su un fenomeno molto discusso da anni. Dalle ore 10 alle 19 si terranno le Conferenze e dalle 13 alle 14 pausa pranzo con il PANINO UAP e caffè. Le Relazioni che si terranno al Convegno sono le seguenti:

-RICCARDO NARDUCCI
FEDE,SCIENZA,STORIA UN CONNUBIO SPAZIALE
-GEN. DOMENICO ROSSI Già SSS DIFESA
UAP : SITUAZIONE NEGLI SPAZI AEREI ITALIANI
-FRANCESCA BITTARELLO
IDENTIFICAZIONE DI UN UAP IN O.d.i. (IFO)
-ANTONIO RIGGI
PUO’ I.A. CAPTARE FREQUENZE DALLO SPAZIO?
-FABRIZIO ALBANI
MATERIA ED ENERGIA OSCURA
-VASILE DROJ (SCIENZIATO RUMENO)
LA NUOVA TEORIA DELLE COSTANTI UNIVERSALI
-STEFANO INNOCENTI
I RAZZI DI ALBERTO FENOGLIO
-PATRIZIO ROMANO MARIOTTI
LUFTWAFFE: TECNOLOGIA AEROSPAZIALE
-PAOLO MONTI E LAURA ROSSI
ARCHITETTURA DELLO SPAZIO COSMICO


Vi aspettiamo in tantissimi come sempre!
INFO: www.convegnouapworld.com
watsapp: dott.ssa Francesca Bittarello +39 3294218323

sabato 20 aprile 2024

Una nota sulla conoscenza da "Gli stati molteplici dell'essere" di René Guénon

La conoscenza discorsiva, contrapponendosi alla conoscenza intuitiva, è in fondo sinonimo di conoscenza indiretta e mediata; è dunque solo una conoscenza del tutto relativa, e in qualche modo di riflesso o per partecipazione; a causa del suo carattere esteriore, che lascia sussistere la dualità di soggetto e oggetto, essa non può trovare in sé la garanzia della propria verità, ma deve riceverla da princìpi che la oltrepassano e che appartengono all'ordine della conoscenza intuitiva, ossia puramente intellettuale.

martedì 16 aprile 2024

San Fili: il paese delle Magare

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/san-fili/

San Fili è un piccolo paese nella provincia di Cosenza, ad una ventina di minuti da Paola, un comune ricco di chiese, molte sconsacrate, è celebre per essere il paese delle Magare. Con una facile traduzione potremmo dire che le Magare sono le streghe, ma in realtà sono qualcosa di più e di diverso. Le Magare si occupavano di erboristeria, di medina e rimedi tradizionali. Detenevano la saggezza popolare, erano fortemente religiose e si occupavano anche di legamenti e fatture d’amore. Praticavano lo sfascino, che è una specie di rito per togliere il malocchio, le energie negative.

Se in molti luoghi si raccontava la storia dell’uomo nero per chetare i bambini a San Fili si raccontava la storia della Fantastica, una misteriosa creatura che spaventava i fanciulli. Le Fantastiche dovrebbero essere delle specie di spettri o fantasmi, spesso protettori di un luogo, di un edificio. Qui a San Fili la Fantastica appare nei trivi. Si narra che appaia come una donna dall’aspetto rassicurante ed in abito bianco da sposa, ma man mano che ci si avvicini cambi il suo aspetto e diventi figura terrifica. Per il suo manifestarsi nei trivi qualcuno ha ipotizzato che potrebbe essere una reminiscenza della dea greca Ecate (valuta se fare box su Ecate e la magia). Per altri Fantastica altro non sarebbe che una donna che aveva perso il figlio, impazzita si vesti con l’abito nuziale ed iniziò ad andare in giro cercando il suo figlioletto fermando tutti i bambini che incontrava sul suo tragitto.

Queste leggende hanno portato alla notorietà la cittadina di San Fili e per incrementare il turismo vengono organizzate Le Notti delle Magare e vi è anche un concorso letterario dallo stesso nome.

Curiosità: siamo a pochi chilometri da Paola, e proprio qui a Bucita predicò tra il 1154 e il 1155 Gioacchino da Fiore, monaco cistercense riformatore, abate dell’abbazia benedettina

Santa Maria di Corazzo. Gioacchino profetizzò l’avvento di una nuova era, quella dello spirito santo, che pensava sarebbe iniziata verso il 1260, l’era dell’amore e della solidarietà reciproca, un’era dell’acquario ante litteram. Per alcuni è la figura di Gioacchino da Fiore ad aver ispirato quella di Christian Rosenkreutz.


martedì 9 aprile 2024

Zersetzung, il controllo mentale ai tempi della Stasi

tratto da: https://it.insideover.com/schede/storia/zersetzung-il-controllo-mentale-ai-tempi-della-stasi.html

del 15 AGOSTO 2022

di Emanuel Pietrobon


Il dominio di guerra del futuro è la mente, o meglio il suo controllo. Perché controllare un singolo equivale a farne un candidato manciuriano, sebbene non per forza programmato per uccidere, ma per votare in un certo modo, per pensare in una determinata maniera, per agire prevedibilmente. E perché controllare una massa intera, cioè l’opinione pubblica, significa avere in mano i destini di uno stato.

L’era di questo nuovo modo di fare la guerra, denominata cognitiva, è albeggiante: la pandemia di COVID19 e la guerra in Ucraina ne hanno catalizzato l’ascesa, le ricerche sulla mente degli scienziati nazisti e dei due blocchi nel corso della Guerra fredda ne hanno gettato le fondamenta. E se si scrive delle ricerche avvenute all’interno del Secondo mondo, allora è necessario raccontare la storia di una tecnica pionierizzata dalla Stasi: la Zersetzung.


Le origini della "destabilizzazione psicologica" alla tedesca

Zersetzung è un termine tedesco che può avere una pluralità di significati, tutti interrelati tra loro, che sono corrosione, destabilizzazione, decomposizione e dissolvimento. Che è esattamente ciò che accade, poi, alla mente della vittima di questa psico-tecnica, che viene, passo dopo passo, corrosa, destabilizzata, decomposta e, infine, dissolta.

Zersetzung, la decomposizione della mente. Una tecnica di manipolazione cognitiva e destabilizzazione psicologica nata ai tempi della Germania nazista, nei laboratori di Kurt Plötner, e che nel dopoguerra è stata perfezionata dalla temibile Stasi della Germania Est, trovando vasta applicazione durante l’era Honecker.

Obiettivo del recupero degli studi nazisti sulla decomposizione della mente era la volontà di combattere più efficacemente l’opposizione politica e la resistenza sociale al regime comunista. Perché reprimere il dissenso con la forza, più che insufficiente, sarebbe potuto rivelarsi controproducente. Occorreva qualcosa di nuovo, che fosse pervasivo ma invisibile e pernicioso ma intangibile. E la Zersetzung premetteva e prometteva di avere tali caratteristiche.

Con lo scorrere degli anni Sessanta, di pari passo con il perfezionamento della Zersetzung, le autorità della Germania Est avrebbero progressivamente diminuito il ricorso a strumenti quali la persecuzione giudiziaria e la violenza fisica ai danni di dissidenti, oppositori e critici. Ma non perché l’opposizione dal basso fosse venuta meno, quanto per via dell’estesa applicazione della Zersetzung. Una tendenza accelerata da Erich Honecker a partire dagli anni Settanta.


Teoria e prassi della decomposizione

La Zersetzung, così come strutturata e applicata dalla Germania Est, fu sviluppata da un gruppo di scienziati sociali nella Scuola di legge per la sicurezza statale (JHS, Juristische Hochschule der Staatssicherheit), altresì nota come la Scuola della Stasi.

Attingendo al legato nazista in materia di propaganda e guerra psicologica, che era piuttosto vasto, i ricercatori della Stasi complessificarono e perfezionarono la Zersetzung, facendone un metodo per aggredire l’autostima della vittima al punto tale da suscitare gravi crisi di identità.

Un oppositore politico carismatico e seguito, quando colpito dalla Zersetzung, avrebbe cominciato a vivere dei periodi particolarmente bui, fatti di alienazione sociale, strani incidenti, ostracizzazione e rifiuti. Eventi strettamente personali, apparentemente scollegati alle attività politiche del soggetto, ma psicologicamente destabilizzanti e in grado di provocare delle crisi identitarie ed emozionali. L’esaurimento come capolinea, talvolta accompagnato dal suicidio.

Ogni mezzo era lecito al fine della decomposizione mentale del soggetto da estinguere socialmente: invogliarlo ad avere dei rapporti sessuali con dei minori, farlo entrare in circoli insalubri – con tossicodipendenti –, coinvolgerlo in piccoli delitti – come i furti –, corromperne i colleghi affinché lo emarginassero e i capi affinché lo ostacolassero e/o lo trasferissero in luoghi remoti, farlo dubitare della sua stessa realtà circostante nella speranza di condurlo alla pazzia – la tecnica del cosiddetto gaslighting.

La Zersetzung era un metodo efficiente ed efficace perché personalizzabile e, quasi sempre, personalizzato. Gli addetti alla decomposizione mentale della vittima ne studiavano i tratti caratteriali, i valori e le abitudini, elaborando dei sociogrammi e degli psicogrammi a partire dai quali sviluppare la strategia di emarginazione. Schematismi e piani preconfezionati venivano evitati nella maggior parte dei casi, elevando le prospettive di successo.


L'eredità

Jürgen Fuchs, un intellettuale ribelle che fu vittima della Zersetzung negli anni Settanta, descrisse quell’inusuale periodo di perdurante ostracizzazione – durato anni – come un “crimine psicosociale” ed “un assalto all’anima umana”. Come lui, secondo alcune stime, almeno 5-10mila persone sarebbero state colpite dalla Zersetzung durante l’era Honecker.

Fu proprio Fuchs, deportato in Germania Ovest nel 1977, a mettere il pubblico tedesco a conoscenza della Zersetzung. Sulle colonne dell’influente Der Spiegel, che ripose fiducia nelle sue testimonianze, Fuchs cominciò a pubblicare una mole di documenti relativi all’utilizzo della psicologia da parte della Stasi. Una palla di neve che avrebbe dato vita ad una valanga, tra libri, documentari e inchieste giornalistiche, sebbene la giustizia abbia mantenuto un atteggiamento stranamente ambiguo sulla prosecuzione degli 007 impegnati nella Zersetzung.

Curiosamente, negli stessi anni in cui la Stasi applicava con successo la Zersetzung, nella Romania di Nicolae Ceaușescu veniva eretto il più grande regime di sorveglianza di massa del pianeta – per numero di spie pro capite –, tra Unione Sovietica e Repubblica Popolare Cinese tornavano in auge i corsi di rieducazione e negli Stati Uniti, capifila del mondo libero, si realizzavano dei programmi di manipolazione mentale non meno distopici di quelli sperimentati al di là della Cortina di ferro, da MKULTRA a Mockingbird, passando per COINTELPRO. E oggi come allora, nulla è cambiato: l’obiettivo dei potenti resta il controllo della mente degli individui.

venerdì 29 marzo 2024

Stonehenge: La «vera» storia della creazione

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/stonehenge/

Merlino costruisce Stonehenge


Di Stonehenge se ne parla spesso e si avanzano le teorie più bizzarre sulla sua costruzione, nulla e nessuno sono esclusi, alieni compresi. 

Senza voler creare nuove teorie, oggi, voglio proporti una bella leggenda del XIII secolo della nostra era sulla costruzione di Stonehenge. L’autore di questa magica costruzione è Merlino. L’anonimo autore de La storia di Merlino, probabilmente riprende temi del folklore – soprattutto per attribuire poteri soprannaturali a Merlino – e sembra essere il primo ad attribuire al famoso mago questo prodigio. 

Non ti tedio oltre e ti lascio a Merlino e la nascita di Stonehenge.

«Merlino visse a lungo in questo modo, avendo il controllo del re Uterpandragon e del suo consiglio, finché un giorno, parecchio tempo dopo, chiamò il re e gli disse: – Come? Non farai nulla di più per tuo fratello Pandragon  che giace nella piana di Salisblury? – Cosa vuoi che faccia? Farò tutto ciò che mi consiglierai. – hai giurato di eseguire la mia volontà. Ti prometto che creeremo un’opera tanto grande che durerà nei secoli. Adempi al tuo giuramento ed io adempirò alla mia promessa. – Dimmi cosa potrò fare e lo farò di buon grado. – costruisci un’opera mai vista e se ne parlerà in eterno. – lo farò con grande piacere! – manda dunque a cercare degli enormi massi di pietra in Irlanda, manda due navi per farli portare: riuscirò ad innalzare dal suolo tutti quelli che riusciranno a a far arrivare. Andrò per indicare quelli che voglio trasportino -. Il re rispose che li avrebbe mandati a cercare volentieri.

Inviò in Irlanda un gran numero di navi. Una volta giunti là, Merlino mostrò agli emissari del re dei massi di pietra enormi, grandi e lunghi, e disse: – Ecco qui le pietre che siete venuti a cercare – . Alla vista dei massi quelli pensarono che era una vera follia e dicono che nemmeno tutti gli uomini del mondo potrebbero a malapena spostarne uno. – Non riusciremo mai a imbarcare pietre così grandi sulle nostre navi! – Se non lo volete fare, – replicò Merlino, – allora siete venuti per niente. Quelli se ne tornarono indietro, vanno dal re e gli riferiscono l’impresa bizzarra ordinata da Merlino, impossibile a farsi per chiunque al mondo. – abbiate pazienza dino al suo arrivo, – rispose il re.

Giunto Merlino, il re riferì ciò che i suoi uomini avevano detto. – Anche se si sono tirati indietro tutti, manterrò la mia promessa, – gli risponde Merlino. A quel punto, grazie alle sue arti magiche, fece trasportare i massi di pietra d’Irlanda che ancora sono nel cimitero di Salisbury. Dopo il loro arrivo, il re li andò a vedere portando con sé molta gente per ammirare il prodigio. Alla vista dei massi, dissero che tutti gli uomini del mondo non sarebbero riusciti a spostarne uno, e cominciarono a chiedersi increduli come Merlino li avesse fatti venire dall’Irlanda senza che nessuno avesse visto e sentito nulla. Merlino ordinò loro di sollevarli, perché sarebbero stati più belli dritti che adagiati sul terreno. – nessuno potrebbe riuscirci, se non Nostro Signore, a meno che non lo faccia tu stesso! – dice il re . – Ora andatevene, – rispose Merlino. – Li solleverò io, così avrò mantenuto la promessa fatta a Pandragon, e avrò realizzato in suo onore qualcosa che durerà in eterno. 

Così Merlino sollevò i grandi massi che sono ancora nel cimitero di Salisbury e che lì resteranno finché durerà il mondo. E così si concluse quel prodigio. Poi merlino tornò da Uterpandragon, fu a lungo al suo servizio gli volle molto bene perché, dopo tanto tempo, sapeva che il re gli era affezionato e aveva fiducia nelle sue profezie». (La storia di Merlino, in Artù, Lancillotto e il Graal, Ciclo di Romanzi francesi del XIII secolo, a c. di Lino Leonardi, Einaudi, Torino 2020, pp. 495-496).