tratto da "Il Giornale" 23 Giugno 2024
La genesi, l'ingresso, le voragini e l'iconografia Un saggio svela i dettagli dell'antro di Satana
di Alessandro Gnocchi
Si fa presto a dire «va' all'Inferno». Bisogna trovare l'ingresso, superare il seno di Abramo o Campi Elisi, trovare un varco attraverso il Purgatorio e infine raggiungere il centro della Terra. Alt. L'Inferno infatti potrebbe coincidere con il Sole. Oppure essere sospeso nei cieli con vista sul Regno. E poi quale ingresso? La bocca dei vulcani, come da antica credenza popolare, o un antro o una voragine? In che modo si scende: con una scala o con i gradini? Bisogna poi affrontare le schiere dei diavoli. Difficile evitarli. Gli ex angeli ribelli sono 47.168.616. Li ha contati Giovanni Maria Bonardo, autore del trattato La grandezza et larghezza et distanza di tutte le sfere (1563; dal 1584 commentato da Luigi Groto, importante umanista). Se riuscite a passare, vi attende una lunga camminata: l'Inferno misura 7875 miglia di circonferenza, con diametro di 2505,5. Satana vi attende in fondo anche in senso etimologico: la parola «inferno» indica ciò che sta più in basso. Dovreste riconoscerlo: è quello a forma di dragone che sputa fiamme oppure quello incatenato che bestemmia oppure il signore oscuro assiso su un trono blasfemo. Nel caso tornaste a riveder le stelle e vi venisse la tentazione di raggiungere il Paradiso, preparatevi a viaggiare per 1.799.953.758,25 miglia (in chilometri: 3.333.246.167).
Queste e altre suggestive informazioni sono contenute nel saggio di Matteo Al Kalak intitolato Fuoco e fiamme. Storia e geografia dell'inferno (Einaudi, pagg. 270, euro 25). Al Kalak, docente di Storia moderna all'università di Modena, aveva pubblicato, nel 2021, un altro libro sorprendente, Mangiare Dio. Una storia dell'eucarestia (2021). Lo studioso si concentra in particolare sull'Inferno cristiano in tutte le sue declinazioni: letterarie, artistiche e teologiche. Un modello internazionale è la Divina commedia di Dante Alighieri, cristallizzazione e insieme superamento delle idee medievali. Nell'iconografia rinascimentale, Le Grand Saint Michel di Raffaello si impone come termine di paragone, visto il suo successo. Raffaello isola il momento nel quale san Michele schiaccia il dragone. L'Inferno, appena abbozzato, è raffigurato come un antro pronto a richiudersi sul diavolo per sempre. Esistono anche opere che sfuggono all'influenza di Raffaello. Domenico Beccafumi mette in scena la battaglia nei cieli, con gli spiriti degli sconfitti che precipitano in una voragine infuocata. Anche Giorgio Vasari affrontò il tema, riducendo però i contendenti: sette angeli in posa guerriera, agli ordini di Michele; e sette ribelli guidati da Satana. Il numero allude ai peccati capitali e alla loro punizione.
Questa idea dell'Inferno, nato dalla caduta del diavolo, inghiottito dalla Terra, nasce da un equivoco. La fonte infatti è l'Apocalisse. Giovanni descrive una battaglia nei cieli tra una donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi, e un drago rosso con sette teste e dieci corna. La donna è incinta e partorisce un bimbo. Il neonato fugge in cielo, la madre si allontana nel deserto. A questo punto, Michele attacca e sconfigge la bestia, che precipita a terra. Giovanni prende spunto dalle immagini infernali della tradizione giudaica. Ma probabilmente voleva rappresentare lo scontro tra la vera chiesa di Cristo e le eresie. Il passo però era troppo invitante, e divenne subito la storia del diavolo ribelle (il dragone) abbattuto da Michele. La Terra si ritrae e Satana sprofonda, dando vita all'Inferno.
C'è poi il versante teologico, piuttosto complesso. Rinviando al saggio per i dettagli, qui notiamo alcune cose. Il peccato di Satana è variamente descritto ma in sostanza consiste in un orgoglio così forte da spingere a una ribellione già sconfitta in partenza. Ma Satana può decidere e sceglie l'impossibile battaglia. Il diavolo perseguita gli uomini perché non può sopportare che Dio abbia preferito incarnarsi in una creatura insignificante. Ecco spiegata la presenza del Male nella storia. La Chiesa ha sempre insistito sulla realtà concreta e non metaforica dell'Inferno. Ecco spiegata l'esigenza di descriverlo. La voragine risponde a un duplice scopo: spaventare il fedele ma anche mantenerlo sulla retta via. La struttura dell'Inferno riflette l'andamento del dibattito: quello della Controriforma è diverso da quello medievale; quello illuministico e moderno è una risposta a quello uscito dal Concilio di Trento. La dannazione assume contorni più sfumati fino a sparire del tutto, secondo la famosa immagine dell'Inferno totalmente vuoto di Hans Urs von Balthasar (1905-1988). Il punto è l'amore infinito di Dio e non il suo spirito vendicativo. Abbiamo ancora paura dell'Inferno? Indagini, risalenti al 2009, dimostrano che la prigione eterna è temuta dal 41,8 per cento degli italiani. E dire che la nostra società sembra infastidita dal solo parlare di Bene e Male con la maiuscola. Ci siamo già assolti senza bisogno del prete. Figuriamoci se possiamo credere all'Inferno... Eppure molti temono ancora il signore oscuro. D'altronde, l'oscurità ce l'abbiamo nel cuore e dobbiamo lottare per non perderci del tutto.
L'Inferno è anche lo specchio di ciò che ci fa paura dentro e fuori di noi. Sarà vuoto ma resta la libertà, forse la tentazione, di coltivare il male e autoconfinarsi nell'antro eterno, dove le fiamme e il ghiaccio tormentano le anime di chi ha scelto di negare la speranza.