domenica 18 agosto 2019

L'Uomo è un OGM !?

Genesi secondo l'antico sapere dei Cherokee

“il pianeta dei Figli delle Stelle”.

Tra alcuni gruppi di Cherokee dell’Oklahoma e del Texas si parla ancora una lingua detta “Elati”, ovvero “il linguaggio degli antenati”, o anche “il linguaggio delle Stelle”, un modo di esprimersi che i vecchi “medicine men” della tribù considerano provenire dal cosmo.
La tradizione orale dei Cherokee puntualizza infatti che essi arrivarono sulla Terra 250.000 anni fa dalle Pleiadi, che nella loro lingua vuol dire per l’appunto “Antenati”. A tal proposito precisa che l’uomo non discende affatto dalla scimmia, ma dal “Popolo delle Stelle”. Nella cosmologia cherokee la Terra é detta il “Pianeta dei Bambini”, o meglio “il pianeta dei Figli delle Stelle”.
L’antica “Società dei Capelli Intrecciati” parla di un tempo in cui esistevano dodici pianeti abitati da essere umani, i cui progenitori si riunivano su un pianeta chiamato Osiriaconwiya, vale a dire il quarto pianeta della costellazione del Cane Maggiore, cioè Sirio. Su quel pianeta quei grandi sapienti si trovarono un giorno a discutere delle sorti della nostra Terra, detta in lingua cherokee Eheytoma, il “pianeta dei figli”, vale a dire il tredicesimo pianeta. Poiché il nostro mondo era il meno evoluto rispetto agli altri, quei dotti pensarono di aiutarci fondando quattro civiltà: Lemuria, Mu, Mieyhun e Atlantide, all’interno delle quali vennero create grandi scuole di conoscenza e segrete “società di medicina”. Anche i Cherokee dunque si riferiscono a Sirio come al loro luogo di origine.
Il “Wampum”
Sempre a proposito dei Cherokee, ricordiamo che la cintura detta Wampum non rappresentava in passato, come tutti gli studiosi hanno asserito, solo e semplicemente una sorta di MONETA o merce di scambio usata dalla “Confederazione delle Sei Nazioni degli Irochesi” (composta da Irochesi, Mohawk, Oneida, Onondaga, Cayuga, Seneca, e in seguito Tuscarora). La cintura, realizzata cucendo insieme in disegni di straordinaria bellezza perline ricavate da parti interne di conchiglie, raccontava anche la storia delle origini di quei Popoli.
Gli anziani dei Cherokee, in proposito, si tramandano numerose storie relative al tempo in cui i loro antenati realizzarono i “mounds”, i “tumuli” che ancora oggi sono visibili in Ohio, prima di separarsi definitivamente dagli Irochesi per migrare altrove.
Le cinture wampum, pertanto, mostrano il DNA di quei popoli e ci dicono che quelle genti provengono dalle stelle, da quali stelle, e come l’umanità fu “seminata”.
Nei Cherokee ci sono sette clans e tutti e sette rappresentano le Pleiadi, le “Sette Sorelle” della tradizione di tutti i Nativi Americani, nonché gli insegnamenti della grande “Legge”.
1. La prima stella fu la stella della creazione,
2. la seconda portò Donna-che-cadde-dal-Cielo,
3. con la terza fecero la loro comparsa gli animali,
4. la quarta portò il profeta,
5. la quinta parla di un’umanità allo sbando,
6. la sesta di un nuovo profeta che parlerà tutte le lingue.
7. Allorché quel profeta si manifesterà al mondo, l’intera umanità sarà testimone dell’apparire improvviso della settima stella.

In questo momento, dicono i Cherokee, la storia scritta sul wampum è arrivata alla fine. Tutte le parole che doveva dire sono state dette. E’ ora arrivato il tempo della settima stella, quella che annuncerà la battaglia del serpente, la battaglia di tutte le razze, nella quale periranno tutti quelli che vivono nell’oscurità, nell’egoismo, nell’avidità.
Il “Wampum” è inoltre preciso su come il “Creatore” scese sulla Terra dal cielo, attraverso il “vasto mare che è lo spazio siderale”, il giorno in cui, come testimoniato anche dai calendari maya, il Sole “sedette” sulla Terra senza bruciarla. Afferma l’indiano Seneca Fred Kennedy: “Quando la stella scende sulla Terra e non la arde, ha inizio la Creazione. La “Grande Legge” narra che il giorno in cui il Creatore scese quaggiù fu la prima volta che questo continente udì il tuono: il suono del Creatore che “rema” nel cielo.”

Dal volume "L'Uomo è un OGM !?"

sabato 10 agosto 2019

Esperti trovano un codice nella Bibbia: avrebbe predetto una profezia

tratto da Il Giornale del 05/02/2019

di Elisabetta Esposito

Nella Bibbia sarebbe contenuta la profezia di un fatto avvenuto nel 1995: ecco cosa hanno scoperto un giornalista e un gruppo di matematici

La Bibbia avrebbe predetto la morte di un Primo Ministro israeliano.

Sembrano esserne certi alcuni studiosi, le cui teorie sono riportate nel documentario di Amazon Prime “Bible Cospiracy”.

Secondo quanto riporta l’Express, questi esperti hanno spiegato di aver risolto un codice segreto all’interno del libro sacro, alla base delle tre grandi religioni monoteiste. Si tratta del giornalista Michael Drosnin e dei matematici Doron Witztum, Eliyahu Rip e Yoav Rosenburg, che hanno scoperto come la Sacra Bibbia predica un evento accaduto 1995.

L’evento in questione è l’assassinio del Primo Ministro israeliano Yitzhak Rabin, avvenuto il 4 novembre 1995 per mano di un ultranazionalista di nome Yigal Amir. Rabin fu ucciso al termine di una manifestazione a sostegno di un accordo di pace tra Israele e Palestina, e Amir si oppose strenuamente all’iniziativa, così come agli accordi di Oslo.

Secondo gli studiosi, la profezia si trova nella struttura stessa della Bibbia, trovata grazie all’aiuto del computer, che ha letto il testo in molti modi diversi. A un certo punto, sono state prese in esame sequenze di lettere a intervalli regolari nel testo, che hanno restituito un acronimo che forma la frase “Yitzhak Rabin, assassino che assassinerà, Amir e 5756”. Questo numero è l’anno ebraico che corrisponde al 1995.


La teoria è stata sottoposta ad alcune verifiche, anche perché alcuni altri studiosi hanno evidenziato come questo ritrovamento dipenda dalla struttura matematica e dall’interpretazione moderne della Bibbia. Altri ancora hanno accusato il giornalista e i matematici di aver visto solo quello che desideravano vedere.

mercoledì 7 agosto 2019

Il culto di Mithra

Il culto di Mithra
Copertina rigida: 358 pagine
Editore: Jaca Book (16 maggio 2013)

Collana: Di fronte e attraverso

Mithra è un dio sovrano del mondo indoiranico il cui culto, sorto in India, è passato in Iran e poi in Commagene e all'inizio dell'era cristiana ha conquistato Roma, dove si è posto quale rivale della religione di Cristo. In questo libro, la cui parte più cospicua nasce dalla revisione e dal completamento di un corso svolto all'Università di Lovanio che raccoglie i risultati di una lunga stagione di rinnovamento degli studi mitraici, Julien Ries segue le sue tracce dall'India alle rive dell'Atlantico. Con una particolare insistenza sulle dottrine e sulle ripercussioni che queste hanno avuto sulla società e sulla vita dei fedeli disegna una sintesi che, partendo dalla religione vedica, attraversa l'Iran antico, considera il culto regale e pubblico in Commagene e si conclude con i misteri mitraici diffusi nell'Impero romano. Ne emerge un quadro vivido, efficace e completo delle peculiarità storiche e dei mutamenti dei culti di un dio che, pur conservando numerosi tratti della sua identità primaria, sotto l'influsso degli elementi culturali e religiosi incontrati sulle vie della sua migrazione ha subito gli effetti dell'acculturazione e del sincretismo.

sabato 3 agosto 2019

UN’INTRODUZIONE A JULIUS EVOLA

tratto da L'Opinione del 18 ottobre 2017

di Paolo Ricci

Quella di Julius Evola è stata una figura scomoda nel panorama filosofico e intellettuale italiano, di questo si è già scritto (e ogni tanto se ne scrive) abbastanza. Ma al contempo la sua personalità, eclettica e di grande spessore, stimola la riflessione su numerosi aspetti: dal mondo contemporaneo alla spiritualità, dall’industria culturale all’esoterismo.

Il cammino del cinabro (edizioni Mediterranee) è una specie di vademecum per affrontare Evola e la sua complessa speculazione. Il filosofo ha prodotto numerosi titoli, molti dei quali spesso messi all’indice per le idee forti. Nel cammino del cinabro Evola si racconta proponendo una biografia attraverso le sue opere e il confronto con altre personalità della sua epoca. Tra le tante iniziative a cui Evola prese parte si può ricordare il Gruppo di Ur. Fondato dal matematico Arturo Reghini e dal filosofo Colazza, entrambi esoteristi, vollero che proprio Evola fosse il primo direttore della rivista Ur. Il Gruppo intendeva trattare le discipline esoteriche e iniziatiche con serietà e rigore, riferendosi a fonti certe e con spirito critico. Ambiti i suddetti molto cari a Evola. Questi si dedicò poi all’esplorazione delle origini della Tradizione studiando e trattando autori come Bachofen, Guénon, Wirth, Zolla e altri.

Nel volume sono riportate molte lettere scritte da Evola e diversi documenti che lo riguardano, testimonianze di una vita operosa e sempre intellettualmente stimolata da numerosi interessi da cui scaturirono riflessioni complesse ed eterogenee, come quella sul mondo moderno: “È più o meno noto che mentre l’uomo moderno ha creduto e, in parte, tuttora crede al mito dell’evoluzione, le civiltà antiche quasi senza eccezione e perfino le popolazioni selvagge riconobbero invece l’involuzione, il graduale decadere dell’uomo da uno stato primordiale concepito non come un passato semi-scimmiesco ma come quello di un’alta spiritualità (...)”, così Evola si rifà a Esiodo proponendo una riflessione sulle quattro età del mondo. E ancora sulla civiltà del tempo e sulla civiltà dello spazio, passando per le vite dei santi, i Misteri, il “Bene” e il “Male”, metodi e spunti.

Il cammino del cinabro (i cui riferimenti al mondo ermetico sono evidenti) permette di comprendere la nascita e il percorso delle tesi evoliane così come la “visione del mondo” di questo filosofo sui generis che ha sempre mantenuto (nonostante tutto) una coerenza di fondo lungo tutto il suo personale cammino.


mercoledì 31 luglio 2019

Lovecraft? Un vero giapponese

tratto da Il Giornale del 05/02/2019

di Luca Gallesi

Divinità oscure fra shintoismo e manga: il successo del re dell'horror

Howard Phillips Lovecraft (1890-1937) è ormai unanimemente considerato il più importante autore moderno del genere horror, la cui opera, lui vivo, fu invece quasi trascurata da critici e lettori.

Maestro riconosciuto anche di Stephen King, il «solitario di Providence» è diventato, a partire dalla metà del secolo scorso, una vera e propria icona, oggetto di culto non solo di schiere di lettori o scrittori, ma anche di registi, pittori, musicisti, autori di fumetti e creatori di videogiochi. Lo dimostra efficacemente Lovecraft e il Giappone. Letteratura, cinema, manga, anime, una raccolta di saggi curata da Gianluca Di Fratta e pubblicata dalla Società editrice La Torre (info@editricelatorre.it, pagg. 200, euro 18,50).

Come giustamente sottolinea nella sua introduzione il decano dei lovecraftiani nostrani, Gianfranco de Turris, il Giappone, grazie alla sua peculiare cultura e alla sua rutilante mitologia, è stato un terreno particolarmente fertile per il dilagare della cosmologia di Lovecraft. Le sue oscure, ancestrali e malvagie divinità, da un lato ricordano il pantheon shintoista, e dall'altro si adattano perfettamente al popolare universo virtuale di videogiochi e fumetti made in Japan. Dalla fine della Seconda guerra mondiale, quando le truppe americane di occupazione stanziate in Giappone hanno diffuso le edizioni tascabili e gratuite dei racconti di Lovecraft stampate per l'esercito Usa, l'interesse per HPL, come è conosciuto dai suoi fan, è andato crescendo esponenzialmente. Ha ispirato innumerevoli produzioni cinematografiche o realizzazioni di giochi virtuali, anche se quello letterario rimane il campo d'elezione, come dimostra, ad esempio, l'ammirazione espressa da un grande scrittore come Haruki Murakami, a cui «Lovecraft ha aperto un suo diverso personale abisso e lo ha spinto dentro», e per il quale «l'esistenza di Lovecraft rappresenta un ideale», ideale esplicitamente citato nella trilogia 1Q84.

Nonostante il titolo, il libro non tratta esclusivamente dell'influenza di Lovecraft nel paese del Sol levante, ma approfondisce anche temi letterari «alti» (sempre che la stantia divisione tra cultura «alta» e «bassa» valga ancora), come, ad esempio, l'insospettabile similitudine tra T.S. Eliot e H.P. Lovecraft tracciata dall'anglista Gino Scatasta nel suo intervento su «Lovecraft e la tradizione». Oppure, si fa riferimento all'influenza esercitata dall'autore dei Miti di Cthulhu sul cinema europeo e americano, tema sviluppato dallo scrittore e sceneggiatore Antonio Tentori, che, riprendendo la celebre citazione lovecraftiana: «Non è morto ciò che in eterno può attendere» dimostra come la fama postuma di HPL lo abbia consegnato all'eternità.

sabato 27 luglio 2019

In uscita “Atlante delle zone extraterrestri” di Bruno Fuligni

tratto da: http://www.cacciatoredilibri.com/in-uscita-atlante-delle-zone-extraterrestri-di-bruno-fuligni/

Come noto, con il termine Ufologia s’intende quel variegato e complesso campo d’interesse che ruota intorno al fenomeno dei cosiddetti Oggetti Volanti non Identificati (UFO). Anche se tale branca di indagine viene valutata dal mondo scientifico come una pseudoscienza (o forse proprio per questo!), la stessa conta un notevole numero di cultori e appassionati. Vero che, parlando di collezionismo, i libri da cercare sono soprattutto quelli che hanno caratterizzato gli anni ’50, tuttavia, ogni tanto, nel coacervo di libri sul fenomeno Ufo immessi sul mercato, ne compare, anche oggi, qualcuno che si distingue per originalità della ricerca.

Ora appare in libreria un libro, che si palesa avere tali requisiti. Bruno Fuligni: Atlante delle zone extraterrestri, pubblicato in Italia da L’ippocampo (La prima edizione è apparsa in Francia nel 2017 per l’editore Flammarion). Dalla quarta di copertina: “Militari e scienziati, servizi di intelligence e organizzazioni internazionali hanno raccolto dati in quantità sufficiente a rendere possibile, oggi, una cartografia del fenomeno”. Il volume, di 116 in 8° grande e con molte illustrazioni, si presenta, tipograficamente parlando, molto curato: il dorso è telato e il taglio delle pagine, per tutti i lati, risulta di un blu brillante. Il suo prezzo è di € 19,90.

[Si ringrazia E. P. di Roma per la gradita segnalazione]

mercoledì 24 luglio 2019

Colombo (figlio) fallì la rotta per la sua biblioteca perfetta

tratto da IL Giornale del 18/01/2019

Fernando crebbe nel culto del padre e tentò di creare la più vasta collezione privata del primo '500

di Matteo Sacchi

Il 12 ottobre 1492, approssimativamente a 24 gradi e 6 primi nord e 74 gradi e 29 primi ovest, la storia dell'umanità cambiava per sempre.

Cristoforo Colombo era giunto all'isola di San Salvador. Non importa davvero discutere se le rotte navali per le Americhe fossero state percorse in precedenza oppure no (probabilmente sì). Da quel momento quelle rotte sarebbero rimaste sempre aperte, collegando il mondo nuovo a quello vecchio.

E il mondo nuovo costringeva gli abitanti di quello vecchio a ripensare tutto. La catalogazione del sapere ne veniva stravolta: nuovi popoli, nuove lingue, nuove piante, nuove rotte, nuovi equilibri di geopolitica tutti da creare. Di questi equilibri e di questa riorganizzazione del sapere Cristoforo Colombo (1451-1506) introiettò ben poco. Anzi si sentì profondamente «tradito» dalla sua stessa scoperta. Rivolte di indigeni e di coloni, ammutinamenti, i contrasti con i monarchi di Castiglia e di Aragona che pure lo avevano finanziato, il suo ben poco sensato rifiuto di ammettere di non essere mai arrivato al Catai. Senza contare che difronte alla enormità del cambiamento, da lui stesso innescato, Colombo, stremato dai viaggi, si appoggiò a idee millenaristiche e a profezie di fine dei tempi che l'ammiraglio scrisse nel suo Liber prophetiarum.

Eppure mentre Cristoforo Colombo si perdeva nelle rotte del sapere che lui stesso aveva tracciato un altro Colombo, Fernando, suo figlio (seppur illegittimo), di questo enorme cambiamento provava a tenere le fila. Le vicende di Fernando sono narrate da Edward Wilson-Lee, storico della letteratura transitato sia da Oxford sia da Cambridge, in un saggio che si legge quasi come un romanzo ed è intitolato Il catalogo dei libri naufragati (Bollati Boringhieri, pagg. 340, euro 30). Di Fernando Colombo (1488-1539) si è sempre parlato come di un estroso personaggio, un bibliofilo maniacale e un matematico di una certa bravura che si applicò al complesso - per l'epoca - calcolo della longitudine. Wilson-Lee, con un'analisi certosina di quel che resta dei quindicimila libri che componevano la Biblioteca Colombina voluta da Fernando - un investimento enorme di denaro che nessuno aveva osato prima - ripercorre le rotte intellettuali di quest'uomo, cresciuto nel culto e nell'adorazione del padre, che a partire dalla sua permanenza alla raffinata corte spagnola e passando per le esplorazioni che condusse col genitore (nel quarto viaggio nelle Americhe) intuì che era necessario un sistema nuovo per catalogare il sapere.

Fernando pensò di superare il canone librario pensato da Tommaso Parentucelli, ovvero Papa Niccolò V. Allargò la sua biblioteca ben oltre lo spazio dei testi classici od ecclesiastici. Divenne a esempio uno dei più grandi collezionisti di stampe. Inventò nuovi sistemi di catalogazione e di disposizione dei libri. Mentre lavorava a questo ambiziosissimo progetto prese contatto con un enorme numero di intellettuali e viaggiatori, dal grande umanista Pietro Martire sino ad Amerigo Vespucci, passando dai più rinomati cartografi che strappò al Portogallo per metterli al servizio della corona spagnola (fu un lavoro a metà tra l'intelligence spionistica, la corruzione e il corteggiamento culturale). Questo senza contare la sua costante corrispondenza con Albrecht Dürer, Erasmo da Rotterdam, Aldo Manuzio. Animato dal sogno rinascimentale, mutuato dalla cabala e condiviso con Pico della Mirandola, che l'uomo controllando le parole potesse diventare padrone dell'universo, si dedicò ai dizionari, allo stendere elenchi di qualunque tipo. Aveva visto il padre sconfitto dal caos del nuovo mondo, lui il caos cercò di governarlo in ogni modo. In pratica, quello che secoli dopo Borges ha sognato nella Biblioteca di Babele Fernando Colombo ha cercato di realizzarlo a Siviglia con la più vasta biblioteca privata della sua epoca. La prima con una vera mappa interna per aiutare gli studiosi. Dopo la sua morte però, nonostante un consistente lascito il progetto, forse davvero troppo avanti per i tempi è lentamente affondato. Oggi sopravvivono solo quattromila volumi e l'ordine originario è naufragato. Ma il sogno, forse addirittura più grande di quello di Colombo padre, resta. Oggi che il sapere è tutto in rete e sempre meno catalogabile ci rendiamo conto di quanto fosse importante il tentativo di Fernando. Ma tra la biblioteca perfetta e Babele, per il momento, ha vinto Babele.