domenica 28 maggio 2017

Via iniziatica e via mistica

in collaborazione con la rivista Lettera e Spirito:
http://acpardes.com/letteraespirito/via-iniziatica-e-via-mistica/

di René Guénon

La confusione tra il dominio esoterico e iniziatico e il dominio mistico, o, se si preferisce, tra i punti di vista che rispettivamente vi corrispondono, è una di quelle che più frequentemente si commettono oggi, e questo, sembra, in un modo che non è sempre interamente disinteressato; v’è in ciò, del resto, un atteggiamento piuttosto nuovo, o che almeno, in certi ambienti, è andato molto generalizzandosi in questi ultimi anni, ed è per questo che ci pare necessario incominciare con lo spiegarci chiaramente su tale punto. Va ora di moda, se così si può dire, qualificare come “mistiche” persino le dottrine orientali, ivi comprese quelle in cui non v’è neppure l’ombra di un’apparenza esteriore che possa, per coloro che non vanno oltre, dar luogo a una tale qualifica; l’origine di questa falsa interpretazione è naturalmente imputabile a certi orientalisti, che pos­sono d’altronde non esservi stati indotti innanzitutto da un secondo fine chiaramente definito, ma soltanto dalla loro incomprensione e dal partito preso più o meno incosciente, che è loro abituale, di ricondurre tutto a dei punti di vista occidentali[1]. In seguito ne sono però venuti altri, che si sono impadroniti di quest’assimilazione abusiva e che, vedendo i vantaggi che ne poteva­no trarre per i propri fini, si sforzano di propagarne l’idea al di fuori del mondo particolare, e tutto sommato abbastanza circoscritto, degli orientalisti e della loro clientela; e questo è più grave, non soltanto perché è soprattutto così che tale confusione si diffonde sempre più, ma anche perché non è difficile vedere in ciò dei segni non equivoci di un tentativo “annessio­nistico” contro il quale è opportuno stare in guardia. Infatti, coloro cui ci riferiamo sono quelli che si possono considerare come i negatori più “seri” dell’esoterismo, vogliamo dire con ciò gli exoteristi religiosi che rifiutano d’ammettere alcunché fuori del proprio dominio, ma che riten­gono probabilmente tale assimilazione o “annessione” più abile di una brutale negazione; e, a giudicare dal modo in cui alcuni di loro si danno da fare per travestire da “misticismo” le dottrine più nettamente iniziatiche, sembrerebbe davvero che questa bisogna rivesta ai loro occhi un carattere particolarmente urgente[2]. A dire il vero, vi sarebbe pure, in questo stesso ambito religioso cui appartiene il misticismo, qualcosa che, sotto certi aspetti, potrebbe prestarsi meglio a un accostamento, o piuttosto a un’apparenza d’accostamento: è ciò che viene designato col termine “ascetica”, giacché si tratta almeno di un metodo “attivo”, invece dell’assenza di metodo e della “passività” che caratterizzano il misticismo e sulle quali dovremo ritornare tra poco[3]; ma è ovvio che queste similitudini sono del tutto esteriori, e, d’altra parte, questa “ascetica” ha forse scopi solo troppo visibilmente limitati per poter essere utilizzata con van­taggio in quel modo, mentre, con il misticismo, non si sa mai molto esattamente dove si va, e proprio tale vaghezza è sicuramente propizia alle confusioni. Soltanto, coloro che si dedicano a tale lavoro con proposito deliberato, come pure quelli che li seguono più o meno inconsape­volmente, non paiono rendersi conto che, in tutto ciò che ha attinenza con l’iniziazione, non v’è in realtà niente di vago né di nebuloso, ma si tratta al contrario di cose molto precise e molto “positive”; e, in realtà, l’iniziazione è, per sua stessa natura, propriamente incompatibile con il misticismo.

Tale incompatibilità, d’altronde, non deriva da ciò che la stessa parola “misticismo” implica originariamente, che è anzi manifestamente apparentato all’antica denominazione dei “misteri”, vale a dire di qualcosa che appartiene al contrario all’ordine iniziatico; ma tale parola è una di quelle per le quali, lungi dal potersi riferire unicamente all’etimologia, si è rigorosamente obbli­gati, se ci si vuol far comprendere, a tener conto del senso che è stato loro imposto dall’uso, e che è, in realtà, il solo che gli si attribuisca attualmente. Ora ciascuno sa che s’intende con “misticismo”, ormai già da molti secoli, cosicché non è più possibile servirsi di questo termine per designare qualcos’altro; ed è questo che noi diciamo non ha e non può avere niente in comune con l’iniziazione, in primo luogo perché questo misticismo appartiene esclusivamente al dominio religioso, vale a dire exoterico, e poi perché la via mistica differisce dalla via iniziatica in tutti i suoi caratteri essenziali, e questa differenza è tale che ne risulta tra di loro una vera incompatibilità. Precisiamo d’altronde che si tratta di un’incompatibilità di fatto piuttosto che di principio, nel senso che non si tratta da parte nostra di negare il valore almeno relativo del misticismo, né di contestare il posto che gli può legittimamente competere in certe forme tradizionali; la via iniziatica e la via mistica possono dunque coesistere perfettamente[4], ma quel che vogliamo dire, è che è impossibile che qualcuno segua sia l’una sia l’altra, e questo senza neppure pronunciarsi sullo scopo cui possono condurre, benché del resto si possa già prevedere, in ragione della differenza profonda dei domini cui si riferiscono, che tale scopo non può essere lo stesso in realtà.

Abbiamo detto che la confusione che fa vedere a certuni del misticismo là dove non ve n’è la minima traccia ha la sua origine nella tendenza a tutto ridurre ai punti di vista occidentali; si è che, infatti, il misticismo propriamente detto è qualcosa d’esclusivamente occidentale e, in fon­do, di specificamente cristiano. A tal proposito, ci è capitato di fare un’osservazione abbastanza curiosa perché la riportiamo qui: in un libro di cui abbiamo già parlato in altra sede[5], il filosofo Bergson, opponendo quelle che egli chiama la “religione statica” e la “religione dinamica”, vede la più alta espressione di quest’ultima nel misticismo, che d’altronde non capisce molto, e che ammira soprattutto per ciò che noi potremmo al contrario trovarvi di vago e persino di difettoso sotto certi aspetti; ma quel che può sembrare veramente strano da parte di un “non cristiano”, è che, per lui, il “misticismo completo”, per quanto poco soddisfacente sia l’idea che se ne fa, è comunque quello dei mistici cristiani. Per la verità, come conseguenza necessaria della poca stima che prova per la “religione statica”, egli dimentica un po’ troppo che questi ultimi sono cristiani ancor prima d’essere mistici, o almeno, per giustificarli d’essere cristiani, pone indebi­tamente il misticismo all’origine stessa del Cristianesimo; e, per stabilire a tal proposito una sorta di continuità tra quest’ultimo e l’Ebraismo, arriva al punto di trasformare in “mistici” i profeti ebraici; evidentemente non ha la minima idea del carattere della missione dei profeti e della natura della loro ispirazione[6]. Comunque sia, se il misticismo cristiano, per quanto defor­mato o sminuito sia il concetto che se ne fa, è così ai suoi occhi il tipo stesso del misticismo, la ragione ne è, in fondo, ben facile da capire: si è che, in realtà e rigorosamente parlando, non esiste altro misticismo che quello cristiano; e anche i mistici che si chiamano “indipendenti”, e che noi diremmo più volentieri “aberranti”, s’ispirano in realtà soltanto, fosse pure a loro insa­puta, a idee cristiane snaturate e più o meno interamente svuotate del loro contenuto originario. Ma anche questo, come tante altre cose, sfugge al nostro filosofo, che si sforza di scoprire, anteriormente al Cristianesimo, degli «abbozzi del futuro misticismo», mentre si tratta di cose totalmente diverse; vi sono segnatamente sull’India alcune pagine che rivelano un’incompren­sione inaudita. Vi sono anche i misteri greci, e qui l’accostamento, fondato sulla parentela eti­mologica che segnalavamo sopra, si riduce insomma a un ben brutto gioco di parole; del resto, Bergson è obbligato a confessare lui stesso che «la maggior parte dei misteri non ebbe nulla di mistico»; ma allora perché parlarne sotto questo vocabolo? Quanto a quel che furono quei misteri, egli se li rappresenta nel modo più “profano” possibile; tutto ignorando dell’iniziazione, come potrebbe capire che vi fu lì, così come nel caso dell’India, qualcosa che per prima cosa non era assolutamente d’ordine religioso, e poi andava incomparabilmente più lontano del suo “misticismo”, e, bisogna pur dirlo, anche del misticismo autentico, che, per il fatto stesso che si confina nel dominio puramente exoterico, ha necessariamente anch’esso le sue limitazioni[7]?

Non ci proponiamo affatto al presente d’esporre in dettaglio e in modo completo tutte le differenze che separano in realtà i due punti di vista iniziatico e mistico, giacché solo questo ri­chiederebbe un intero volume; la nostra intenzione è soprattutto d’insistere qui sulla differenza in virtù della quale l’iniziazione, nel suo stesso processo, presenta caratteri completamente di­versi da quelli del misticismo, se non addirittura opposti, il che basta a mostrare che di fatto si tratta di due “vie” non soltanto distinte, ma incompatibili nel senso già da noi precisato. Ciò che più spesso si dice a questo proposito, è che il misticismo è “passivo”, mentre l’iniziazione è “attiva”; ciò è d’altronde verissimo, a condizione di determinare bene l’accezione nella quale si deve intenderla esattamente. Ciò significa soprattutto che, nel caso del misticismo, l’individuo si limita a ricevere semplicemente quel che gli si presenta, e come gli si presenta, senza interve­nire per nulla; e, diciamolo subito, è in ciò che sta per lui il principale pericolo, per il fatto che è così “aperto” a tutte le influenze, di qualunque ordine siano, e che per di più, in generale e salvo rare eccezioni, non ha la preparazione dottrinale che sarebbe necessaria per permettergli di stabilire tra di esse una qualsivoglia discriminazione[8]. Nel caso dell’iniziazione, al contrario, è all’individuo che compete l’iniziativa di una “realizzazione” che perseguirà metodicamente, sotto un controllo rigoroso e incessante, e che dovrà normalmente condurre al superamento delle possibilità stesse dell’individuo come tale; è indispensabile aggiungere che tale iniziativa non basta, giacché è ben evidente che l’individuo non può andare al di là di se stesso con i pro­pri mezzi, ma, ed è ciò che per il momento ci importa, è essa a costituire obbligatoriamente il punto di partenza di qualsiasi “realizzazione” per l’iniziato, mentre il mistico non ne ha nessuna, sia pure per cose che non vanno assolutamente al di là del dominio delle possibilità individuali. Questa distinzione può già parere abbastanza netta, poiché fa vedere bene come non si possano seguire contemporaneamente le due vie iniziatica e mistica, purtuttavia non può bastare; po­tremmo anzi dire che essa corrisponde ancora soltanto all’aspetto più “exoterico” della questio­ne, e, in ogni caso, è troppo incompleta per quanto riguarda l’iniziazione, di cui è molto lontana dall’includere tutte le condizioni necessarie; sennonché, prima d’affrontare lo studio di tali con­dizioni, ci restano ancora da dissipare alcune confusioni.



René Guénon

[1] È così che, specialmente da quando l’orientalista inglese Nicholson si è azzardato a tradurre taçawwuf con mysticism, si è convenuto in Occidente che l’esoterismo islamico è qualcosa d’essenzial­mente “mistico”; anzi, in questo caso, non si parla più del tutto d’esoterismo, ma unicamente di misti­cismo, vale a dire si è arrivati a una vera e propria sostituzione di punti di vista. Il più bello è che, su questioni di quest’ordine, l’opinione degli orientalisti, che queste cose le conoscono solo attraverso i libri, conta manifestamente molto di più, agli occhi dell’immensa maggioranza degli Occidentali, del parere di coloro che ne hanno una conoscenza diretta ed effettiva!

[2] Altri si sforzano pure di travestire le dottrine orientali da “filosofia”, ma questa falsa assimilazione, in fondo, è forse meno pericolosa dell’altra, a causa della stretta limitazione dello stesso punto di vista filosofico; costoro d’altronde non riescono molto, per il modo speciale in cui presentano tali dottrine, se non a ridurle a qualcosa di totalmente privo d’interesse, e quanto sprigiona dai loro lavori è soprattutto una prodigiosa impressione di “noia”!

[3] Possiamo citare, come esempio di “ascetica”, gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio da Loyola, il cui spirito è incontestabilmente quanto c’è di meno mistico, e per i quali è almeno verosimile che egli si sia in parte ispirato a certi metodi iniziatici, d’origine islamica, ma, beninteso, applicandoli a uno scopo intera­mente diverso.

[4] Potrebbe essere interessante, a tale proposito, fare un confronto con la “via secca” e la “via umida” degli alchimisti, ma ciò esulerebbe dal quadro del presente studio.

[5] Les deux sources de la morale et de la religion. – Vedere sull’argomento Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, cap. XXXIII.

[6] In realtà, si può trovare un misticismo ebraico propriamente detto soltanto nello Hassidismo, vale a dire in un’epoca molto recente.

[7] Il sig. Alfred Loisy ha voluto rispondere a Bergson e sostenere contro di lui che v’è una sola “fonte” della morale e della religione; nella sua qualità di specialista di “storia delle religioni”, preferisce le teorie di Frazer a quelle di Durkheim, e anche l’idea di una “evoluzione” continua a quella di una “evoluzione” per brusche mutazioni; per noi tutto ciò che si equivale; ma v’è almeno un punto sul quale dobbiamo dargli ragione, e lo deve certamente alla sua formazione ecclesiastica: grazie a quest’ultima, egli conosce i mistici molto meglio di Bergson, e fa notare che essi non hanno mai avuto il minimo sospetto di qualcosa che assomiglia anche soltanto un poco allo “slancio vitale”; evidentemente, Bergson ha voluto fare di loro dei “bergsoniani” ante litteram, ciò che non è molto conforme alla semplice verità storica; e il sig. Loisy si stupisce anche giustamente di vedere Giovanna d’Arco annoverata tra i mistici. – Segnalia­mo di sfuggita, giacché vale la pena di registrarlo, che il suo libro si apre con un’ammissione assai di­vertente: «L’autore del presente opuscolo», egli dichiara, «non si riconosce particolari inclinazioni per le questioni d’ordine puramente speculativo». Lodevole franchezza; e, poiché è lui stesso che lo dice, e in modo del tutto spontaneo, gli crediamo volentieri sulla parola!

[8] È anche questo carattere di “passività” che spiega, benché non li giustifichi, gli errori moderni che tendono a confondere i mistici, vuoi con i “medium” e altri “sensitivi”, nel senso attribuito dagli “psichisti” a tale parola, vuoi addirittura con dei semplici malati.

domenica 21 maggio 2017

“TEONANACATL: STORIA, MITO E ATTUALITA’ DEI FUNGHI SACRI DEL MESSICO” – (Prima Parte)

Sabato 10 Giugno 2017 e.v. alle ore 21,15 presso i locali del Centro Studi e Ricerche C.T.A. 102 - Via Don Minzoni 39, Bellinzago Novarese (NO) - nell’ambito delle serate dedicate ai “Dialoghi di Esoterismo”, la nostra Associazione ha il piacere di invitarvi alla prima di due imperdibile serate in compagnia di MARZIO FORGIONE che ci parlerà sul tema:

“TEONANACATL: STORIA, MITO E ATTUALITA’ DEI FUNGHI SACRI DEL MESSICO” – (Prima Parte)

In Messico è nota la presenza di diverse specie di funghi allucinogeni (Psilocybe, Conocybe e Panaeolus, tutti appartenenti alla famiglia delle Agaricaceae) che gli antichi Maya e gli Aztechi assumevano durante alcune cerimonie religiose. Venivano chiamati Teonanacatl, “carne degli Dei” in lingua Nahuatl, e venivano principalmente utilizzati per interrogare gli dei o per scacciare le forze del male, oltre che per certe procedure di carattere iniziatico. Questi funghi provocano potenti allucinazioni e inducono uno stato sognante senza perdita di coscienza, in cui il consumatore diventa totalmente indifferente ed inconsapevole dell’ambiente circostante. A questa fase iniziale ne segue poi una seconda, in cui insorge una grande stanchezza, fisica e mentale, oltre che un’alterazione della percezione dello spazio e del tempo. Durante gli stati di trance visionaria indotti dai funghi si possono osservare animali selvatici, disegni astratti e coloratissimi ed enormi funghi antropomorfi. Come succede anche per il Peyote, sembra che gli indios fissino nella mente i geometrici e variopinti motivi osservati durante i loro «viaggi» nel mondo degli spiriti per poi riprodurli su tappeti e vestiti.
E probabilmente anche i Maya degli altipiani del Guatemala, 3000 anni fa, facevano la stessa cosa e ci lasciarono testimonianza delle loro pratiche “teofaghe” realizzando le famose statuette note con il nome di “Pietre Fungo”, raffiguranti figure totemiche umane e animali sormontate da un’ampia cappella fungina che hanno sconcertato gli archeologi per lungo tempo.
Oggi questi reperti sono interpretati come una sorta di icona associata ai rituali di un’antica religione fondata sull’uso sacramentale di questi funghi, che, si ipotizza, furono la prima pianta allucinogena utilizzata ritualmente. Gli Aztechi sostenevano inoltre che i funghi fossero in grado di parlare e questo può essere spiegato dal fatto che le allucinazioni indotte dai funghi si manifestano, oltre che attraverso visioni colorate, con suoni di varia natura. Se l’opposizione spagnola verso l’uso sacramentale dei vegetali enteogeni fu massiccia, il Teonanacatl fu sicuramente l’obiettivo più odiato.
L’ intolleranza religiosa dei conquistadores aumentava il loro disprezzo e la loro paura nei confronti di questa pianta, che con la sua azione allucinogena era in grado di mettere gli indios in diretto contatto con il loro Dei. Gli Spagnoli scoprirono che i Funghi Sacri usati in questi riti venivano definiti dagli Indios col nome di teonanàcatl, vocabolo che il lingua nauhatl significa, come già detto, “carne degli dei”; a seconda poi delle diverse culture in seno alle quali si svolgevano questi riti, essi potevano essere assunti dal solo sciamano/curandero, oppure distribuiti anche ai partecipanti alla cerimonia. Non è difficile cogliere la somiglianza fra la somministrazione di questi funghi ed il rito dell’Eucarestia nella liturgia cattolica. Per questo motivo i missionari al seguito dei conquistadores interpretarono queste pratiche nella chiave di una parodia, diabolica e disgustosa, della comunione e dell’ostia consacrata. Tuttavia, nel tentativo di reprimere questa particolare usanza, gli spagnoli riuscirono solamente a relegare questa pratica nelle zone più inaccessibili dell’entroterra, dove ha prosperato sino ad oggi, anche se con modalità diverse e ragioni differenti. E spesso in ambiti segreti preclusi a chi non è parte di queste culture.
Anche se gli sciamani hanno da sempre scelto i diversi tipi di fungo in base alla loro esperienza personale, allo scopo e alla disponibilità stagionale, il Fungo Sacro più utilizzato risulta essere la Psilocybe mexicana (contenente numerosi alcaloidi indolci, soprattutto psilocybina), un piccolo fungo che cresce sulle alture e nei prati umidi del Messico meridionale. I curanderos (soprattutto le donne — e la celebre Maria Sabina di cui si parlerà ne fu un esempio straordinario), lo consumano in cerimonie di guarigione — particolarmente intrise di un sincretismo religioso fatto di paganesimo e cattolicesimo — per entrare in contatto con gli spiriti benevoli e convincerli a guarire le malattie.
Di tutto questo e di moltissimo altro ancora si parlerà in questa imperdibile conferenza a cui siete tutti invitati.

Anche questa volta il nostro Centro si pregia quindi di invitarvi ad una serata straordinaria a cui, naturalmente, non dovete assolutamente mancare!

La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.

Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.

— ATTENZIONE : LA SECONDA PARTE DI QUESTA CONFERENZA SI TERRA’ SABATO 17 GIUGNO —


sabato 13 maggio 2017

Piogge fuori posto

Charles Hoy Fort (1874-1932) e l’archivio dei 25.716 eventi fenomeni dell’ impossibile «Il mio prozio, Charles Hoy Fort, studiò a fondo il fenomeno delle piogge anomale. Ovvero precipitazioni dal cielo di “cose” davvero singolari, quali latte, fuoco, sangue, pietre, sostanze ignote all’uomo... e altra roba come uova, frutta e animali: rane, pesci, addirittura mucche.» «Mi prendi per scemo, Kyle? Esistono cose di questo tipo? E come mai noi uomini della strada non ne sappiamo un cavolo?» «Beh, tutti i fenomeni “scomodi” da spiegare sono poco noti al grande pubblico... ma la cosa e stata riscontrata in tutto il globo terrestre, fin dal passato più remoto. Fort, caso per caso, riportò meticolosamente la fonte, la rivista scientifica dove aveva trovato la descrizione dell’accaduto. E catalogò 25.716 eventi apparentemente impossibili! Ma i Fenomeni Fortiani continuano anche ai giorni nostri, che credi?» Kyle Harness, nipote ed erede di Fort, indagando sulle teorie dello zio, vedrà la sua vita sconvolta da un orribile segreto…

sabato 29 aprile 2017

Guida alla Massoneria. Un viaggio nei misteri dell’iniziazione

Guida alla Massoneria
Un viaggio nei misteri dell’iniziazione
di Michele Leone
Odoya edizioni 2017
In libreria dal 20 Aprile, 384 pagine, 20 euro, collana Odoya Library






Michele Leone nel realizzare questa guida alla massoneria “3.0” ha unito esigenze differenti. La prima è quella di attualizzare un "fenomeno" che compie trecento anni proprio nel 2017 e l’altra quella di organizzare e descrivere nel dettaglio il suo background. Benché l’anniversario sia ghiotto: nel 1717 si costituisce la più importante Grande Loggia ovvero quella londinese, Leone critica l’influenza che questa ha oggi sulle massonerie europee, fino a chiedersi se l’immobilismo inglese non abbia "ucciso" lo spirito massone. Oltre a questo attacco frontale, l’autore si fa latore anche di una battaglia: l’ingresso delle donne a pieno titolo nella latomistica istituzione.
Ma Leone è prima di tutto un teorico in grado di spaziare tra mito e contemporaneità, rendendo nota non solo la storia della Massoneria, ma anche la sua protostoria. Partendo dal presupposto che capire a fondo la materia è proprio solo degli iniziati (“sarebbe come spiegare un bacio”) prova a fornire un filo di Arianna utile per tutti, anche per chi non ha intenzione di diventare Apprendista.
Bisogna quindi seguirlo nel doppio presupposto materiale e spirituale della Massoneria: da un lato traccia quindi le storie delle Corporazioni, Gilde e poi Logge di muratori e architetti, mentre dall’altro si addentra nella storia delle scuole iniziatiche perché, tra le tante cose che metterebbero d’accordo ogni massone c’è il fatto che la Massoneria sia eminentemente una scuola iniziatica.
L’ambizioso lavoro su simboli, riti e miti è puntellato da una foltissima messe di citazioni da Leon Battista Alberti , Apuleio, Umberto Eco, Le Goff, Jung, René Guénon, la Bibbia e tante altre fonti eccellenti. Se seguire simbologie e rituali a volte diventa ostico per il neofita, è invece veramente utile per capire il “fenomeno” in genere conoscere la narrazione alla base di tutti i credo delle logge, ovvero il mito di Hiram. Coloro ai quali non fosse familiare la storia dell’edificazione del tempio di Salomone e del semidivino architetto che introdusse la divisione tra Apprendisti, Compagni e Maestri — in grado di riconoscersi
tramite parole, toccamenti e segni — troveranno interessante il suo racconto in questo libro addirittura in differenti versioni. La narrazione della storia di Hiram è in questo caso completa di liaison con ritualità e simbologie ancora in uso.
Per quanto sempre al limite del “libro per iniziati”, il pregio della Guida alla Massoneria è quello di organizzare l’armamentario concettuale massone per la prima volta secondo un’ottica italiana.
Basti aggiungere la presenza nel volume di materiali utili quali il succoso capitolo “E se volessi diventare Massone?” e alcune costituzioni in appendice come quella legata a Federico II e si capisce come di una Guida alla Massoneria così aggiornata e completa ce ne fosse proprio bisogno.
Michele Leone dalla fine degli anni Novanta ha indirizzato le sue ricerche prevalentemente nell’ambito delle “scienze tradizionali”, con peculiare riferimento alla Tradizione Ermetica e alla Massoneria. È responsabile della collana “I Ritrovati” per Mondi Velati Editore. Collabora con alcune testate periodiche e per Delta, Rassegna di Cultura Massonica, per la quale è direttore del comitato di redazione. Numerose le sue pubblicazioni: Il linguaggio simbolico dell’esoterismo (2013, con M. Centini); Le Magie del Simbolo (2014, con G. Zosimo); Misteri Antichi e Moderni. Indagine sulle società segrete (2015), oltre alle curatele di volumi di Enrico Queto, Giovanni de Castro, Eugène Goblet d’Alviella e altri. www.micheleleone.it



mercoledì 26 aprile 2017

Templar order. Il cammino dei templari. La via verso la saggezza.

Dalla prefazione del libro:

Ringraziando dell’attenzione per aver iniziato a leggere questo libro, segnalo che il ricavato delle vendite verrà devoluto attraverso l’associazione Monegasca “Ordre des Templiers de Jerusalem” di cui sono Presidente e Socio Fondatore, in aiuto all’attività della Amade-Monaco, per aiutare i bambini. Per seguirne le attività è possibile consultare la pagina www.facebook.com/ordredutemplemonaco oppure il nostro web-site: www.cavalieri-templari.com; è possibile anche consultare il video di presentazione della ONG sulla web tv: http://www.canaleeuropa.tv/fr/primo-piano/templari-a-monaco.html
Il Priorato di Monaco ha inoltre lanciato l’iniziativa: «Templari al lavoro per la vita».
PRESENTAZIONE dell’azione umanitaria:
L’associazione “Ordre des Templiers de Jerusalem”, Gran Priorato del Principato di monaco, autorizzato dal Governo, iscritto all’Ecosoc delle nazioni unite n° 646768, è un Ordine ecumenico, avente tra i suoi scopi la creazione di un’azione coordinata in favore della fratellanza tra gli uomini ed i popoli.
Il Gran Priorato ha istituito un programma di collaborazione/cooperazione per il restauro di edifici rurali dismessi con congiunta attività agricola.
Questi interventi saranno atti all’accoglienza ed alla vita in comunità agricole, a sostegno delle persone indigenti o bisognose. Con questo programma si creeranno numerosi posti di lavoro per i giovani formatori, si riqualificheranno strutture dismesse creando social co-housing e verranno create delle cooperative sociali di produzione agricola con prodotti a chilometro zero.
Dei corsi scolastici, inoltre, sensibilizzeranno ad una alimentazione intelligente.

Tutti le persone e gli enti interessati sono invitati alla coesione.
I templari, come allora, adesso. Che dire di più.

mercoledì 19 aprile 2017

Alfitomanzia e mantica

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: http://micheleleone.it/alfitomanzia/

Alfitomanzia, Critomanzia e Mantica: una definizione

L’ Alfitomanzia è una delle discipline legate alle Arti Mantiche, già ma cosa è la mantica? La mantica può essere definita come l’Arte della divinazione. La divinazione con il suo sistema di relazione uomo – Mondo Universo è una pratica antichissima e si è evoluta nella storia in molteplici modi. Oggi possiamo enumerare oltre cento tipi di possibili tecniche divinatorie. Superando il dilemma se queste tecniche abbiano una qualche efficacia o siano pratiche da azzeccagarbugli, questione che rimando alle coscienze e credenze di ognuno, il loro studio e la loro conoscenza diventa indispensabile quando si voglia studiare il rapporto dell’uomo con il sacro ed affrontare i così detti esoterismi con gli strumenti dell’antropologia, della Storia delle Religioni e via dicendo. Della mantica parlava Platone, questa è la capacità “divinatrice” delle anime più elevate.

L’ Alfitomanzia è spesso associata ad altre pratiche come ad esempio Aleuromanzia (o Alveromanzia) o Critomanzia. Della Critomanzia abbiamo una definizione nel Nuovo Dizionario Scientifico Curioso Sacro-Profano di Pivati del 1746.

Critomanzia: Specie di divinazione, che consisteva nel- considerare la pasta o materia delle focacce, che si offrivano ne’ sacrifici, e la farina che si spargeva sulle vittime, che dovevano scannarsi; e perché si servivano sovente della farina d’orzo; in tali cerimonie superstiziose, così hanno chiamata questa specie di divinazione Critomanzia da κριθή, orzo, e da μαντεία, cioè divinazione.

Ora la definizione di Alfitomanzia con interessanti aneddoti annessi.

Alfitomanzia: Divinazione che si fa col pane d’orzo. Fino dai tempi più antichi si conosceva questa divinazione importante. I nostri padri, quando volevano in diversi accusati distinguere il colpevole ed ottenere da lui la confessione del suo delitto, facevano mangiare agl’imputati un pezzo di pan d’orzo. Colui che lo digeriva senza fatica era riconosciuto innocente, mentre il reo si palesava con un’indigestione. Egli è pure da questo uso, che era ricevuto dalle leggi canoniche, ed impiegato nelle prove del giudizio di Dio, che derivò questa imprecazione popolare: <<Se io t’inganno, voglio che questo pezzo di pane mi strozzi!>>. – Ecco come si procede a questa divinazione che serve del resto a scoprire ciò che un uomo ha di nascosto nel cuore: si prende pura farina di orzo; si impasta con latte e sale, senza mettervi lievito; si avvolge in una carta untuosa, e si fa cuocere sotto la cenere; si strofina poscia con foglie di verbena, si fa mangiare a colui da cui uno si crede ingannato, e che non lo digerisce se la presunzione è fondata. In tal guisa un amante può sapere se la fidanzata gli è fedele, ed una donna, se suo marito non gli fa delle perfidie. — Esisteva presso Lavinio, un bosco sacro ove si praticava l’alfitomanzia. Alcuni sacerdoti nutrivano in una caverna un serpente secondo alcuni, un drago, se si crede ad altri. In certi giorni dell’anno, si mandavano delle giovinette a portargli da mangiare; elle avevano gli occhi bendati e andavano alla grotta, tenendo in mano una focaccia fatta da loro, con mele e farina d’orzo. <<Il diavolo, dice Delrio, le conduceva per diretto cammino. Quella di cui il drago ricusava di mangiare la focaccia era riconosciuta non essere più Vergine>>.

Definizione presa da: Dizionario Infernale, edizione compendiata e tradotta da Francesco Piquè, Milano 1874

sabato 15 aprile 2017

Cerchi nel grano: effimeri e fugaci, eppure immortali

di Leonardo Dragoni

Con i suoi 68 esemplari, l’ultima stagione di cerchi nel grano (2016) è stata la più avara dell’ultimo trentennio.
Per coloro che non sapessero di cosa si tratta, i cerchi nel grano (alias pittogrammi, agroglifi, formazioni) sono aree di coltivazione (generalmente grano, ma anche mais, colza, erba) appiattite in modo tale da formare delle figure geometriche (non soltanto cerchi) pienamente apprezzabili solamente dall’alto.
Fino a non molti anni fa, questo fenomeno era considerato un mistero inspiegabile, l’enigma del secolo, la possibile e tangibile dimostrazione della presenza di intelligenze aliene.
Questo mistero è oggi in graduale declino, eppure sopravvive ancora a mille avversità, riproducendosi ogni volta in condizioni proibitive, come un lichene su Marte o un arbusto spontaneo tra gli interstizi dell’asfalto rovente.
Il mistero ha resistito quando il 16 Giugno del 1990 il gruppo ufologico francese “Comité Nord-Est des Groupes Ufologiques” (CNEGU), già presente nell’estate precedente a Cheesefoot Head col nome di Gruppo VECA,  aveva realizzato in Francia presso Verdes uno splendido cerchio con doppio anello, circondato da quattro piccoli satelliti perfettamente disposti a croce celtica. Per creare questo pittogramma era stato assunto un esperto di effetti speciali cinematografici, che a sua volta si era avvalso di due collaboratori. Ai tre era stato chiesto di concludere il complesso lavoro in breve tempo, senza lasciare tracce, alla presenza di un notaio e mentre venivano fotografati da un velivolo ad alta quota. L’incaricato entrò così nel campo insieme ai suoi due collaboratori, utilizzando le tramlines (solchi del passaggio dei mezzi agricoli), armato di un rullo da giardiniere, un picchetto, una corda. Il crop circle fu replicato, con le caratteristiche richieste, in una sola ora. Il resoconto di questo articolo sarebbe stato successivamente pubblicato nel Novembre 1990 sulla rivista “Science et Vie” col titolo “La folle storia dei cerchi nel grano”.  Splendide fotografie della creazione furono pubblicate anche da Robè sul sito del C.N.E.G.U.

Il mistero ha resistito alle dimostrazioni  fornite nel 1991 da due pensionati di Southampton (Douglas Bower e David Chorley), autori di molte di queste formazioni che apparivano nei campi inglesi da circa un decennio. Quando l’esperto nazionale Pat Delgado aveva visitato il crop circle realizzato da Bower e Chorley, aveva dichiarato: “Questa non può in nessun modo essere una bufala. È il miglior momento della mia ricerca”. Alcuni minuti dopo realizzò di essere stato raggirato e telefonò all’amico e collega Colin Andrews: ““Siamo stati tutti imbrogliati... Questa cosa distruggerà migliaia di vite”.
Per qualche giorno sembrò tutto finito. Invece no: giusto il tempo di incassare il colpo, metabolizzarlo,  e i believers serrarono i ranghi e tornarono alla carica, con l’intento di screditare  Bower e Chorley, facendoli apparire come due imbroglioni, che avevano interesse a squalificare e insabbiare l’autentico mistero dei cerchi nel grano.

Il mistero ha resistito anche alla “Crop Circle Making Competition” dell’anno successivo, organizzata da John Michell, Richard e John Adams, e Rupert Sheldrake, grazie anche al finanziamento della “Koestler Foundation” e della rivista tedesca “PM”, e alla co-sponsorizzazione del “The Guardian” e del “The Cereologist”. Lo scopo era proprio mettere un punto sulla possibilità che alcuni artisti dotati di mezzi di lavoro rudimentali, potessero (oppure no) realizzare simili opere.
Durante la notte dell’11 Luglio 1992, presso West Wycombe, nel Buckinghamshire, i concorrenti (da soli o in team), agirono sorvegliati e fotografati da un velivolo che sorvolava la zona. Nel campo di gara potevano accedere soltanto i circlemakers (artisti che realizzano le formazioni) e cinque giudici. Parteciparono, tra gli altri, Adrian Dexter e Jim Schnabel, che negli anni successivi sarebbero diventati circlemakers molto in voga. I risultati furono sorprendenti, e decretarono che era sufficiente un buon ingegno e una strumentazione dozzinale, per realizzare autentici capolavori in poche ore, durante la notte.
Eppure, neanche questa dimostrazione riuscì a incrinare le solide certezze degli ufologi e dei believers, secondo i quali i cerchi nel grano autentici presentavano delle peculiarità e delle alterazioni chimico-fisiche che le altre formazioni (quelle replicate dall’uomo) non potevano possedere. A dare nuova linfa ai credenti fu l’emergere di un gruppo di ricerca americano noto come “BLT” dalle iniziali dei suoi esponenti: Burke, Levengood, Talbott. Questo gruppo, finanziato anche da Laurence Rockefeller, e capitanato dal biofisico William C. Levengood, produsse negli anni Novanta una incredibile quantità di documenti e di report elaborati su molti campioni di grano prelevati in vari crop circles in giro per il mondo.
Si giunse al culmine della cosiddetta “fase scientifica” del fenomeno dei cerchi nel grano, quando nel 2001 fece scalpore la pubblicazione di un articolo a firma del fisico Eltjo H. Haselhoff, il quale propendeva per l’ipotesi del coinvolgimento di misteriose sfere di luce (una particolare tipologia di UFO) nel processo di creazione dei crop circles.
Sarebbe qui complicato approfondire in poche pagine tutta a documentazione scientifica e parascientifica prodotta in quegli anni dal BLT e da Haselhoff, insieme a tutte le altre ipotesi e teorie avanzate in ordine sparso da ufologi, ricercatori, neofiti e  appassionati del fenomeno. Tutto questo viene sviscerato e confutato in ogni dettaglio nel libro “Cerchi nel grano. Tesi e confutazione di un fenomeno discutibile” (YouCanPrint, 2017), da poco uscito in commercio.


Cartaceo: http://www.youcanprint.it/fiction/scienze-sociali-generale/cerchi-nel-grano-tesi-e-confutazione-di-un-fenomeno-discutibile-9788892651166.html ;
Epub e Pdf: http://www.youcanprint.it/fiction/fiction-fantasy-paranormale/cerchi-nel-grano-tesi-e-confutazione-di-un-fenomeno-discutibile-9788892653481.html
Mobi/Kindle: https://www.amazon.it/dp/B06XNM7MQC/
Diciamo però fin da subito che negli anni seguenti tutto l’impianto probatorio messo in piedi dal BLT e da Haselhoff venne smontato da una importante pubblicazione scientifica (“Balls of Light: The Questionable Science of Crop Circles”) apparsa nel 2005 sul Journal of Scientific Exploration. In questo documento, firmato dal ricercatore italiano Francesco Grassi e dai suoi colleghi Cocheo e Russo, si metteva in evidenza l’inconsistenza della letteratura scientifica sui crop circles fino a quel momento.

Negli anni successivi numerosi circlemakers diedero ulteriori e grandiose dimostrazioni della loro arte, spesso anche di fronte alle telecamere di alcune emittenti televisive.
Eppure attorno ai cerchi nel grano, ancora oggi aleggia un alone di mistero.
Solo pochi giorni fa è uscito sui media americani e in molti siti internet un articolo di Horace Drew, conosciuto da anni nella comunità dei cerchi come “Red Collie”, il quale sostiene che i cerchi nel grano siano dei messaggi da decifrare, lasciati da civiltà aliene e da viaggiatori dello spazio.
Non è però grazie alle bislacche teorie di ufologi imbonitori che questo mistero sopravvive ancora. I motivi per cui non ci si arrende all’evidenza son ben altri, e vanno ricercati nel fascino che queste creature sono in grado di suscitare negli spettatori,  nella potente seduzione che ingenerano tra gli astanti e nella platea. Chiunque si sia imbattuto di persona in un crop circle, è stato certamente pervaso da un senso di maestosità, di grandezza e di armonia trasmesso da quel disegno geometrico che viene percepito come qualcosa di vivo. Al suo cospetto si viene investiti da un senso di pace e di sacralità, al punto che si rifiuta una spiegazione profana e meramente razionale.
Questa è, del resto, l’essenza di un’opera d’arte.
Tanto più apprezzabile nella misura in cui è anonima ed effimera, nata ed impressa nella natura. E nella natura sarebbe destinata anche a morire, senza lasciare traccia di sé, se non fosse catturata dagli obiettivi delle macchine fotografiche dei passanti.


Leonardo Dragoni dirige il sito web cropfiles.it dedicato ai cerchi nel grano. Ha pubblicato numerosi articoli sul tema, oltre ai libri: Storia dei cerchi nel grano. Le origini (2013); Storia dei cerchi nel grano. Gli anni Novanta (2016); Cerchi nel grano. Tesi e confutazione di un fenomeno discutibile (2017).