giovedì 13 ottobre 2016

"SEGRETI, NEMICI, GENIALITA' DEI TEMPLARI"

CSA Petrarca Onlus in collaborazione con Viriditas Energia verde vitale. - Fondazione per Leggere - Comune di Morimondo

invita alla Conferenza

"SEGRETI, NEMICI, GENIALITA' DEI TEMPLARI"
"Cavaliere è l'uomo in cammino per un fine superiore. Non è importnate la meta, ma il cammino"

SABATO 15 OTTOBRE 2016
ORE 15:30

Abbazia di Morimondo - Via Fratelli Attilio
Sala conferenza Pro Loco

Sarà un tema poliedrico tra storia e mito.
INTERVENGONO:

- Lucia Zemiti "Segreti e bugie della cappella di Rosslyn"
Studiosa di storia medievale, in particolare dell’ordine monastico Cistercense e di quello Templare, nella sua relazione parlerà della cappella di Rosslyn, diventata nel tempo un'icona Templare. Tra i tanti miti e dubbi, due certezze alimentano il fascino di questa splendida collegiata scozzese.

- Roberto Gariboldi "I nemici dell'Ordine del Tempio: Filippo il Bello e Clemente V"
Archivista, saggista storico e vice presidente del CSA Petrarca Onlus, nel suo intervento descriverà il complotto ordito dai maggiori responsabili della distruzione dell'Ordine templare, re Filippo il Bello e papa Clemente V e le conseguenze negli equilibri tra Cristianesimo e Islam.

- Massimo de Rigo "Lo scrigno della sapienza templare"
Studioso di esegesi storica del territorio e presidente del CSA Petrarca Onlus, nella relazione analizzerà alcuni aspetti dell'Ordine del Tempio non militari, ma legati alla conoscenza appresa nei due secoli in Terrasanta: dall'imponenza delle cattedrali gotiche alla tutela delle reliquie più preziose della Cristianità, alle innovazioni tecnologiche con riflessi anche sul territorio milanese.


INFORMAZIONI:
CSA Petrarca Onlus Massimo de Rigo cell.339 4448574 mail.derigomassimo@gmail.com
Viriditas Energia verde vitale. Lucia Zémiti cell.328 9272193 mail.pirula8@yahoo.com

mercoledì 12 ottobre 2016

Thug: i mitici strangolatori indiani

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: http://micheleleone.it/thug-i-mitici-strangolatori-indiani/

Tra religione e criminalità, nota sui Thug.

 

Le sette sono spesso dipinte come un’entità fortemente chiusa, avvolta intorno ad alcuni segreti fondamentali per il mantenimento del gruppo, spesso focalizzano i propri intenti nella figura del leader, considerato un riferimento fondamentale al quale obbedire ciecamente.

La storia delle religioni e della cultura è ricca di esperienze di gruppi esoterici che possono essere definiti sette: quasi sempre il loro operato e i loro riti sono indicati come pratiche in forte contrasto con la legge della religione dominante e quella degli uomini.

Ad esempio, chi ha letto i romanzi di Emilio Salgari, ricorderà le violente lotte contro i Thug nelle foreste indiane. Ma si tratta solo di finzione letteraria, un prodotto della fantasia di un grande narratore o dell’eco di una setta realmente esistita?

Salgari probabilmente attinse alla cronaca degli esploratori: le vicende dei Thug (questa parola deriverebbe dal vocabolo indiano tradimento) che ritroviamo nel romanzo I misteri della Giungla Nera (1887), erano la trasposizione letteraria della lotta da parte dei colonizzatori inglesi alla setta chiamata Phansigar (che significa strangolatori) o Thug, che tra mito e storia sono stati parte integrante della tradizione indiana. Questa descrizione ricorda e porta ad associare i Thug al gruppo dei Sagartii citati da Erodoto che narra come gli aderenti di questo gruppo avessero l’abitudine di usare come arma, accanto al pugnale, anche un laccio di cuoio abilmente utilizzato per strangolare i nemici. Al posto del laccio di cuoio si attribuisce ai Thug l’utilizzo del rumal un fazzoletto di seta che gli stessi assassini portavano a modo di sciarpa o turbante, per poi utilizzarlo al momento giusto come strumento di morte. Ma perché lo strangolamento? I miti e le leggende narrano di come Kālī bevesse, durante il combattimento, ogni goccia del sangue del demone Asura Raktavìja, poiché se queste avessero toccato terra ogni goccia avrebbe generato un nuovo demone. Quindi il non spargimento di sangue potrebbe derivare dal non permettere al “male” di propagarsi. I miti Thug vogliono che essi stessi siano nati dal sudore delle braccia della dea:

    "Un demone aveva distrutto l’umanità divorando gli uomini via via che venivano creati. Era così grande che il mare gli arrivava alla cintola. Kali era partita alla riscossa e lo aveva ucciso. Ma da ogni goccia del sangue ne nasceva un altro. La dea aveva ucciso anche questi, ma anche da questi erano nati tanti demoni quante gocce di sangue la dea aveva versato. Ma mentre secondo gli indù ortodossi Kali aveva risolto il problema della moltiplicazione dei demoni leccando il sangue che colava dalle loro ferite, i Thag sostenevano che Kali si era stancata e aveva creato due uomini dal sudore delle sue braccia. Aveva dato due sciarpe a questi due primi Thag ordinando di uccidere tutti i demoni senza versare neppure una goccia di sangue. I Thag avevano obbedito e poi avevano restituito le sciarpe alla dea. Ma Kali gliele aveva lasciate per ricordo e per assicurare un santo e onorevole mestiere a loro e ai loro discendenti. Ai due uomini non solo era stato permesso ma addirittura raccomandato di uccidere gli uomini così come avevano fatto con i demoni. Chi nasceva membro della setta non poteva rifiutare il dovere dell’assassinio rituale".[1]

Si vuole che sia stata la stessa dea Kālī a fondare la setta, insegnando loro come uccidere i nemici. Le armi dei Thug erano: il coltello ricavato da una costola della dea, la piccozza ricavata da uno dei suoi denti e il laccio per strangolare ricavato da un orlo del sari di Kālī. Venivano risparmiati dai Thug, le donne, i portatori di difetti ed infermi, ed i bambini che non venendo uccisi venivano iniziati alla setta. Si vuole che fossero anche risparmiati, carpentieri, tagliatori di pietra e carpentieri in quanto mestieri sacri alla dea Kālī.

La setta dei Thug non era una associazione di banditi, ma un vero e proprio gruppo religioso, che uccideva le vittime non per scopi di lucro, ma per la sola necessità di procacciarsi delle vittime da sacrificare alla divinità. Dopo gli omicidi rituali i membri della setta si riunivano per celebrare una specie di banchetto simbolico in cui preghiere e altre pratiche avevano il ruolo di consolidare la coesione del gruppo. Tutti gli aderenti alla setta dei Thug erano a conoscenza del Ramasi, una sorta di codice segreto tramandato di padre in figlio e negato a tutti i non adepti. La lotta degli Inglesi condotta con i noti Fucilieri del Bengala contro i Phansigar, portò alla scomparsa della setta, la cui struttura fortemente chisa ha fatto sì che molti dei loro segreti siano andati completamente perduti con gli ultimi membri di un gruppo che grazie ad Emilio Salgari può ancora riemergere dalla storia ed entrare nel mito. Secondo alcuni i Thug non si sono mai estinti davvero ed ancora oggi alcune misteriose sparizioni sono opera loro…

[1] In Alessandro Grossato, La via dei ladri in India.

martedì 4 ottobre 2016

A caccia di streghe con i "Libri in cantina"

tratto da Il Giornale del 28/9/2016

La mostra della piccola e media editoria "Libri in cantina" va di scena a Susegana (Treviso). Tra i libri presentati c'è un interessante volume sulla stregoneria

di Raffaello Binelli

Il prossimo 1 e 2 ottobre a Susegana (Treviso) si svolge la mostra della piccola e media editoria "Libri in cantina".

Tra i numerosi volumi che verranno presentati ce n'è uno che parla di stregoneria: "A caccia di streghe nei domini della Serenissima" (Itinera Progetti Editore) a cura di Mauro Fasan.

Un fenomeno, quello della stregoneria, che nel corso degli anni ha ispirato saggi e trattati, romanzi e fiabe. Nel territorio oggi racchiuso fra le province di Treviso e Pordenone fra il 1500 e il 1600 si sono svolti decine di processi per stregoneria.

Sotto questa etichetta comune infatti, in quegli anni di grande fermento religioso, spesso l’Inquisizione raggruppò luterani e benandanti (appartenenti ad un culto pagano-sciamanico contadino basato sulla fertilità della terra diffuso in Friuli), guaritori e astrologi a vario titolo accusati di rapporti con il diavolo.

Attraverso una minuziosa analisi di documenti e cronache dell’epoca l’autore ricostruisce alcuni fra i principali processi nei quali furono coinvolti anche importanti nobildonne ed esponenti dell’aristocrazia veneta, oltre al celebre mago Aquino Turra, un personaggio di primo piano attorno a cui hanno ruotato storie curiose: presunto stregone nonché abile donnaiolo, era figlio di un prete e venne perennemente inseguito dai mariti traditi. E poi le streghe di Meduna (e Pasiano), da cui si comprende molto bene quanto la stregoneria fosse diffusa in tutte le classi sociali e vissuta come una cosa normale, un aspetto della vita quotidiana.


mercoledì 28 settembre 2016

ELEMENTI DI TEURGIA - HEPTAMERON

“Nel gregge della fatalità non cadono i teurghi.” (Oracoli caldaici, frammento 153.)


 «La Magia Cerimoniale è una operazione con la quale l’Uomo cerca di costringere, con il gioco stesso delle Forze Naturali, le Potenze invisibili dei diversi Ordini ad agire secondo ciò che da esse richiede. A questo scopo, le afferra, le sorprende, per così dire, proiettando delle Forze di cui egli stesso non è padrone, ma alle quali può aprire delle vie straordinarie, in seno stesso della Natura. Donde Pentacoli, sostanze speciali, condizioni rigorose di Tempo e di Luogo che occorre osservare pena i più gravi pericoli. Poiché, se la direzione ricercata è un pochino imperfetta, l’audace è esposto all’azione delle “Potenze” nei cui confronti non è che un granellino di polvere... » (Charles Barlet: l’«Initiation», numero di Gennaio 1897).

Originariamente la Teurgia (dal greco antico θεουργία theurghía) era un’arte riservata ai sacerdoti , attraverso la quale si anelava alla manifestazione della divinità su questo piano. Ciò poteva avvenire sia cercando di far precipitare la divinità all’interno di un corpo, in genere una statuetta di creta, inanimato, oppure all’interno di un essere umano. Entrambe le operazioni si articolavano in complessi rituali cadenzati da solenni gesti, profonde orazioni, simboli magici e preceduti da immancabili purificazioni. Attorno al reale valore della Teurgia molto ci lascia intuire il significato di questa parola, che altro non è che “opera attraverso Dio” oppure “opera per mezzo di Dio”.
Ecco quindi quella che dovrebbe essere, se correttamente compresa, la profonda differenza fra Teurgia e Magia. Mentre la seconda opera, attraverso le forze naturali, volta al fine di conquistare un vantaggio personale, la Teurgia si compie tramite l’assistenza del divino e non ha finalità egoistiche.
Come già accennato in precedenza l’assenza di tale comprensione, il volgere la Teurgia a finalità personali, comporta inevitabilmente il suo declassarsi ad operazione magica. Mi permetto, giunto a questo punto, di spendere ulteriori considerazioni per meglio chiarire la questione di cui stiamo trattando.

Tratto da: "ELEMENTI DI TEURGIA - HEPTAMERON"
Edizioni Lulu http://www.lulu.com/spotlight/lachimera70
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sabato 24 settembre 2016

L’inizio del cammino della Trasformazione Spirituale

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: http://micheleleone.it/linizio-del-cammino-della-trasformazione-spirituale/

Appunti di Trasformazione Spirituale parte I

Questo è il primo post della serie: Appunti di Trasformazione Spirituale. All’inizio dovevano essere appunti di Alchimia Spirituale, oggi la parola Alchimia genera troppi fraintendimenti ed aspettative. Questa serie di appunti, non hanno ancora una loro organicità esplicita, al momento vengono resi così come sono nati. In futuro probabilmente verranno organizzati in modo migliore. Sono stato tentato di sostituire la parola Spirito con Pneuma, ho evitato questa sostituzione per rendere più fruibile, spero, nell’immediatezza il senso di questi articoli.

Ci sono momenti che creano stupore ed ai quali non si è mai pronti, come non si è mai pronti a tutte le prove iniziatiche. L’essere umano è un grande fruitore di energie, di qualunque tipo e genere. Non solo ne fruisce, ma le trasforma. È la trasformazione ad essere la chiave di volta celata dietro le parole dei Maestri. Parole spesso e volutamente criptiche o giocate su una molteplicità di significati e significanti, quasi a voler far sottoporre alla “prova del labirinto” coloro che osano andare incontro ai Misteri; il più grande da sempre è: CONOSCI TE STESSO (e consocerai gli uomini e gli dei). Trasformare un’energia negativa come il rancore, l’astio, la rabbia in una energia positiva come l’affetto, la “serenità” o l’Amore, è cosa più facile a dirsi che a farsi. Spesso si leggono intere biblioteche, si riflette lungamente ma senza successo. Ed è giusto che sia così. Oltre al volere, sapere, osare tacere dell’ermetismo c’è dell’altro, queste sono caratteristiche degli Iniziati che hanno già sublimato o perfezionato la loro “umanità”. Il salto nella trasformazione, tolte le doti naturali insite in ognuno, è una vera è propria iniziazione. Da non confondersi con una auto iniziazione, ammesso che esista la possibilità di auto iniziarsi (questo è un altro discorso). Un esempio pratico potrebbe essere l’incontrare qualcuno che ha profondamente tradito le aspettative che avevate risposto in lui, che vi abbia ferito nell’essenza spirituale e ad un certo punto scoprire che non solo non siete più arrabbiati, ma che una profonda pietas e/o compassione vi lega a lui e subito dopo scoprite di Amarlo e perdonare (che non va inteso come giustificare, ma piuttosto come un rimettere) quanto vi ha fatto o quanto gli avete permesso di fare. Siamo noi in una qualche misura a determinare gli accadimenti della nostra vita e della nostra emotività/spiritualità per esperire quanto di cui abbiamo bisogno e quanto ci può portare ad evolvere. Dopo aver accetto questo nuovo stato di cose, per un’istante potreste percepire il “filo d’argento” che collega il vostro microcosmo al macrocosmo ed avere la netta (folle) sensazione della morte che abbraccia e della luce che si emana dagli antri più remoti dell’essere. Questa iniziazione, potrebbe essere una delle fasi di trasformazione all’interno dell’alchimia (trasformazione) spirituale, paragonabile utilizzando un linguaggio alchemico tradizionale al passaggio dalla nigredo all’albedo (potrebbe essere lo stato di Distillazione e Sublimazione). La parte più interessante forse è quella della “morte”, perché come ogni iniziazione deve far morire, putrefare, una parte o il tutto per dar corso alle successive evoluzioni e cicli di rinascita con un karma più complesso ed una consapevolezza maggiore. Ogni giorno, (vedi ad esempio l’attività cellulare) l’essere umano compie morti e rinascite in tutti gli strati della materia e dell’essere, ma della maggior parte non ne è consapevole, iniziare ad acquisire consapevolezza è come iniziare a respirare in un modo diverso, a vedere più colori ed ascoltare più suoni.

Temo che queste poche righe non siano chiarissime e sono certo che per alcuni genereranno fraintendimenti. Auspico che questi appunti nel loro dipanarsi possano essere sempre più chiari ed essere di una qualche utilità a chi è alla ricerca della conoscenza prima di tutto del proprio essere.

Gioia – Salute – Prosperità

martedì 20 settembre 2016

Gubbio e il Mistero di San Francesco e il Lupo

di Andrea Romanazzi


Giotto, San Francesco rinuncia ai beni terreni, Assisi, Basilica superiore
Giotto, San Francesco rinuncia ai beni terreni
Assisi, Basilica superiore
Immagine di pubblico dominio
“…Al tempo che santo Francesco dimorava nella città di Agobbio, nel contado d'Agobbio apparì un lupo grandissimo, terribile e feroce, il quale non solamente divorava gli animali, ma eziandio gli uomini; in tanto che tutti i cittadini stavano in gran paura, però che spesse volte s'appressava alla città; e tutti andavano armati quando uscivano della città, come s'eglino andassono a combattere, e con tutto ciò non si poteano difendere da lui, chi in lui si scontrava solo. E per paura di questo lupo e'vennono a tanto, che nessuno era ardito d'uscire fuori della terra…Per la qual cosa avendo compassione santo Francesco agli uomini della terra, sì volle uscire fuori a questo lupo, bene che li cittadini al tutto non gliel consigliavano; e facendosi il segno della santissima croce, uscì fuori della terra egli co'suoi compagni, tutta la sua confidanza ponendo in Dio. E dubitando gli altri di andare più oltre, santo Francesco prese il cammino inverso il luogo dove era il lupo.  Ed ecco che, vedendo molti cittadini li quali erano venuti a vedere cotesto miracolo, il detto lupo si fa incontro a santo Francesco, con la bocca aperta; ed appressandosi a lui santo Francesco gli fa il segno della santissima croce, e chiamollo a sé e disse così: "Vieni qui, frate lupo, io ti comando dalla parte di Cristo che tu non facci male né a me né a persona".  Immantanente che santo Francesco ebbe fatta la croce, il lupo terribile chiuse la bocca e ristette di correre; e fatto il comandamento, venne mansuetamente come agnello, e gittossi alli piedi di santo Francesco a giacere….Ma io voglio, frate lupo, far la pace fra te e costoro, sicché tu non gli offenda più, ed eglino [il popolo di Gubbio] ti perdonino ogni passata offesa, e né li uomini né li cani ti perseguitino più". E dette queste parole, il lupo con atti di corpo e di coda e di orecchi e con inchinare il capo mostrava d'accettare ciò che santo Francesco dicea e di volerlo osservare…E poi il detto lupo vivette due anni in Agobbio; ed entravasi domesticamente per le case a uscio a uscio, senza fare male a persona e senza esserne fatto a lui; e fu nutricato cortesemente dalle genti; e andandosi così per la terra e per le case, giammai niun cane gli abbaiava dietro. Finalmente, dopo due anni, frate lupo si morì di vecchiaia. Di che i cittadini molto si dolsero; imperò che, veggendolo andare così mansueto per la città, si ricordavano meglio della virtù e della santità di santo Francesco…”
Il testo qui riportato, estratto da I Fioretti di San Francesco, capitolo XXI, narra del famoso incontro tra il Santo e il Lupo (in realtà una Lupa) che, secondo la tradizione, viene reso mansueto da Francesco. Il mistico incontro tra il santo e la bestia avvenne, secondo la leggenda, nei pressi  di una chiesetta extra moenia, denominata “la Vittorina”, ancora oggi visibile in Via della Vittorina ad angolo con via Pierluigi da Palestrina. La novella però fa sorgere alcuni quesiti. C’è altro in realtà dietro la leggenda del lupo e San Francesco? Cosa si cela realmente dietro questo racconto? Secondo le ultime ricerche storiografiche il “lupo” altro non sarebbe che un Brigante con il quale, attraverso l’intermediazione del Santo, la città di Gubbio scese a patti assicurandogli vitto ed alloggio in cambio della cessazione delle razzie.
Per altri il lupo sarebbe invece esistito davvero. La prova sarebbe presente all’interno della chiesa di San Francesco della Pace, sita in Via Savelli Della Porta, dove, secondo la tradizione, morì il vecchio lupo (Fig.1). Infatti nel 1873, durante dei lavori di recupero, poco distante dalla chiesa, fu trovata una piccola tomba contenente proprio lo scheletro di un animale che il veterinario Antonio Spinaci accertò essere proprio un canide, ad oggi unico caso di un animale sepolto all’interno di una chiesa, con tanto di pietra tombale ancora oggi visibile  (fig.2-3).
Lupo, Brigante o altro si cela dietro questo racconto? Andiamo con ordine. La nostra ricerca parte da Gubbio, uno dei più bei borghi italiani. Il paese, noto come  Ikuvium o Iguvium, abbarbicato ai piedi del monte Ingino, alla confluenza dei torrenti Camignano e Cavarello, fu fondato dagli Umbri. Anche per questo borgo, come per la maggior parte dei paesi italiani, esiste una curiosa leggenda di fondazione. Alla ricerca del luogo esatto dove far sorgere la città, durante il “ver sacrum”, ovvero la Primavera Sacra, i sacerdoti videro per tre volte volteggiare sul monte Ingino un picchio verde, animale totemico di molte popolazioni italiche ed in particolare degli Umbri e dei Piceni. Questa apparizione fu considerata un segno, ovvero una indicazione della divinità riguardo al luogo dove fondare il nuovo borgo. Già in questa leggenda troviamo le prime tracce di un “culto del lupo”. Infatti  il Picchio e il canide sono strettamente correlati essendo entrambi animali totemici di una antica divinità italica della guerra, una sorta di “Marte” ante litteram, rappresentato appunto sotto forma di tali animali. Questo collegamento tra questo dio guerriero e questi animali lo ritroviamo poi ne “La vita di Romolo” in riferimento alla fondazione di un’altra città, Roma appunto. Plinio narra di come una lupa, scesa verso il Tevere per abbeverarsi, venne attratta dai vagiti dei fondatori di Roma, Romolo e Remo, e si mise ad allattarli. In realtà nella leggenda si narra anche di un picchio verde che portò del cibo ai due neonati, legando così indissolubilmente i due animali.

Le Falloforie eugubine

Facciamo un importante salto temporale. Il 1444 è una data importante per Gubbio. Vengono infatti ritrovate sette tavole in bronzo, databili III-II secolo a.C., oggi conservate nella cappella del Palazzo dei Consoli, note come le Tavole Eugubine. Questi scritti, in parte in umbro e in parte in latino hanno permesso agli storici di studiare i rituali delle antiche popolazioni dell’Italia Centrale. Nelle tavole I, VI e VII ad esempio, sono descritti i rituali di purificazione per la città e quello di esecrazione verso gli eventuali nemici, mentre nelle tavole III e IV si narra di un misterioso culto dedicato a due divinità: Pomono Popdico e Vesona.
Si tratta di una classica divina coppia, Dea Madre e Figlio-Compagno che ritroviamo in tutte la tradizioni religiose italiche. I culti di fertilità legati a Vesona, una sorta di Cerere, sono in realtà ancora oggi nascosti nel folklore eugubino, mascherati nella ricorrenza della festa dei Ceri. Il rito è molto semplice da descrivere. Tre gruppi di portatori, detti ceraioli, sollevano tre grandi strutture in legno, detti ceri, innestati verticalmente su altrettante barelle a forma di "H", sui quali sono posizionati i tre santi protettori della città: Sant’Ubaldo, San Giorgio e Sant’Antonio Abate. Dovrebbe vincere chi arriva primo in una folle corsa. In realtà non è così, non è una vera e propria gara perché la festa termina sempre con un ordine predefinito di arrivo: ovvero per primo Sant’Ubaldo, poi nell’ordine San Giorgio e Sant’Antonio. La festa si tiene il 15 di Maggio e già il periodo ci mette di fronte a ciò che rimane di culti fallofori dedicati alla rinascita primaverile, una sorta di capodanno agro-pastorale. I Ceri, oggi con in cima le statue dei Santi, altro non rappresentano che il ricordo di falli lignei che venivano portati in giro per il borgo e le campagne con il preciso scopo di rendere fertile la terra. Rituali simili nel passato erano presenti ad esempio ad Isernia e a Trani. L’ostentazione dell’oscenità però non era vista di buon occhio dalla Chiesa che demonizzerà tali pratiche trasformando i simboli di protezione in “esibizioni oscene” e i rituali di fertilità in orgie collettive, oppure assorbite, proprio come a Gubbio, con una operazione sincretica.

Il Lupo, Francesco e lo strano Affresco

Quanto detto sin ora sembra piuttosto lontano da San Francesco e il Lupo. In realtà è da questo humus che deriva l’episodio narrato ne I Fioretti. Gubbio era sicuramente un centro pagano molto importante dedito, come abbiamo visto, a riti di fertilità così radicati che non sono mai stati del tutto cancellati. Vi è però molto di più. Tornando alle tavole eugubine, in particolare nella Tavola II si narra di una misteriosa confraternita detta dei "Fratres Attidiati" o Fratelli Atiedii, che esercitava un culto di fertilità che terminava con sacrifici di animali, ed in particolare di cani e lupi. Il sacrificio di canidi non è in realtà raro, in Grecia troviamo la cerimonia delle Kunophontes, ovvero il massacro dei cani, a Roma cani sacri erano sacrificati alla dea Furrina. La spiegazione dei riti sacrificali si inquadra molto bene nella cerimonialistica stagionale. L’animale, espressione totemica della divinità maschile vegetazionale, deve essere ucciso per poter risorgere. Siamo di fronte a quei rituali di morte e resurrezione ben descritti dal Frazer nel suo Ramo d’Oro e che erano diffusissimi nell’Italia pre-romana. La scelta del lupo, o delle fiere locali come espressione della divinità non era casuale, infatti l’animale, che con i suoi comportamenti era considerato grande predatore, era in competizione con gli stessi uomini cacciatori e così l’antico, per propiziare una buona caccia, cercava di onorare l’animale sia per ingraziarselo e evitare che gli sottraesse il sostentamento, sia per poter ereditare dallo stesso la sua stessa capacità di caccia. Ecco così che il lupo diventa il dio-protettore-cacciatore adorato in moltissime culture animiste. In realtà molte sono le tradizioni pagane italiche che prevedevano oltre l’uccisione dell’animale anche il consumo della sua carne. Il cibarsi della carne dell’animale totemico così, non era una gozzoviglia ma un sacramento solenne, un modo per il primitivo di acquistare ed assorbire una parte di divinità. In aggiunta in molte culture i sacerdoti stessi si travestivano con le pelli del totemico per assumerne, anche fisicamente, secondo i principi della magia empatica o imitativa, le forme. Questa l’origine delle tradizioni sui mutaforma che ritroviamo tra i Germani, i popoli nordici, i Mongoli, gli Indiani d’America e in moltissime altre tradizioni. Petronio nel suo Satyricon parla per la prima volta dei “versipellis”, uomini all’interno dei cui corpi crescevano folti peli e così che bastava si rivoltassero come un guanto per cambiare il loro aspetto.
Potevano così i “Fratelli Atiedii” essere dei Sacerdoti del culto del Lupo? Curiosamente, nella chiesa di San Francesco, sempre a Gubbio, proprio lì dove si narra che il Santo, fuggito da Assisi, avesse dimorato (Fig.4), uno strano affresco (Fig.5) raffigurante una sorta di “Selvadego”, o Uomo Selvatico”, ci racconta di un culto naturale forse mai davvero dimenticato. In questa ottica ecco che l’incontro tra San Francesco e il Lupo potrebbe cambiare. L’episodio narrato nei Fioretti potrebbe essere metafora di una sorta di operazione sincretica: Francesco “converte” il lupo, ovvero il Paganesimo ancora presente a Gubbio, e lo “seppellisce” all’interno di una Chiesa, senza però cancellarlo: ammansendolo, ovvero mantenendo quel rapporto che l’Antico aveva con la Natura non era vista da Francesco come qualcosa di “osceno” ma semplicemente da modificare, da venerare non per se stesso ma come Gloria del Signore.

”…Laudato si', mi Signore, per sor'Acqua.
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si', mi Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte…”