domenica 24 febbraio 2013

I misteri di Rennes le Château: intervista a Simone Leoni

(pubblicato per la prima volta sul sito de Il Genio Quotidiano)

di Vito Foschi

Intervistiamo il giovane studioso Simone Leoni esperto dei misteri di Rennes le Château e collaboratore delle riviste Fenix e Xtimes, leader nel settore e del portale Terra Incognita.
Simone Leoni

Vito Foschi: Sig. Leoni, il villaggio dell’Aude di Rennes le Château è diventato sinonimo di mistero dopo il successo planetario de “Il Codice da Vinci”. Come nasce il suo interesse per Rennes?

Simone Leoni: Il mio interresse per Rennes Le Château, incominciò prima dell’uscita del libro “Il Codice da Vinci”. Curiosando sul web trovai alcune fonti che parlavano appunto della storia di Berenger Saunière e da quel momento incominciai ad interessarmene sempre di più. L’ipotesi che Cristo e Maria Maddalena ebbero dei figli mi incuriosì molto e mi spinse a documentarmi. Comprai molti libri a riguardo, studiai la vicenda sotto alcuni punti di vista e incominciai a fare qualche ipotesi. Nel 2008 organizzai un convegno a Roma con ricercatori di fama nazionale tra cui Adriano Forgione direttore della rivista Fenix, Giorgio Baietti ed Enrico Baccarini, mentre nel 2011 sono stato relatore di un altro convegno sempre riguardo RLC (acronimo di Rennes Le Château) organizzato dal C.I.R (Centro Italiano Ricerche).

V.F.: In un suo recente articolo ha ipotizzato il passaggio o comunque una qualche forma di contatto di Bérenger Saunière, parroco del paesino francese e personaggio centrale dell’intera faccenda, con la città di Roma. Dall’esame di alcune vetrate e dalla presenza di alcune maestranze francesi a Roma lei ha ipotizzato questo legame. Ci può dire qualcosa in più?

S.L.: Si, certo. Nella chiesa di Sant’Eustachio situata a Roma, tra le varie opere che sono esposte, troviamo La Sacra famiglia al tempio di Gerusalemme di Pietro Gagliardi, Il Sacro cuore di Gesù di Corrado Mezzana, l’annunciazione di Ottavio Lioni, giusto per citarne alcuni. Oltre a queste opere, c’è n’è un'altra che ha catturato maggiormente la mia attenzione. Si tratta di una vetrata che raffigura la Maddalena penitente, ed a mio avviso è identica alla raffigurazione della medesima Santa che si trova nel basso rilievo dell’altare nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Rennes le Château. Chi conosce bene la storia di Rennes le Château sa che i lavori di restauro della chiesa di Santa Maria Maddalena sono stati effettuati verso la fine dell’ultimo decennio dell’800 e la vetrata di cui ho parlato prima è stata fatta proprio nello stesso periodo. Altra coincidenza è che i lavori che sono stati fatti nella chiesa di Rennes le Château sono stati fatti da Giscard di Tolosa, mentre la vetrata della chiesa di Sant’Eustachio è stata realizzata da Gabriel e Louise Gesta anch’essi di Tolosa. Fatalità? Ci sono altri elementi molto importanti di cui bisogna parlare. Il cardinale Pietro Colonna (nato a Roma nel 1260 e morto ad Avignone il 14 Agosto 1326) è stato il diacono della chiesa di Sant’Eustachio ed è stato presente al conclave dove venne eletto Celestino V. Come riportato da vari studiosi nei loro saggi, Bérenger Saunière quando andò a Parigi per far decifrare le pergamene che aveva trovato, passo anche al Louvre, dove comprò la riproduzione di 3 quadri: I pastori d’Arcadia di Nicolas Poussin, Le tentazioni di Sant’Antonio di Teniers e Il ritratto di Celestino V. Nel libro del professor Mariano Bizzarri intitolato Rennes Le Château, dal vangelo perduto dei Cainiti alle sette segrete[1], possiamo notare che un altro personaggio della famiglia Colonna aveva redatto un testo, il sogno di Polifilo, che venne “adottato” da una società segreta denominata “La sociètè Angèlique”, che sembra essere coinvolta nel mistero di Rennes le Château. Ultimo personaggio di cui bisogna parlare, è Giacomo Colonna, che nel 1307 fu cardinale presso la chiesa di San Lorenzo in Lucina. Casualità o no, dopo 358 anni, lì venne sepolto il maestro Nicolas Poussin.

V.F.: A Roma nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina troviamo la tomba di Nicolas Poussin che riproduce nella lastra tombale il quadro Et in Arcadia Ego, al centro dei misteri di Rennes. Quale è il possibile legame? E quale è la particolarità presente nella riproduzione del quadro nel marmo tombale?

S.L.: Il legame potrebbe riferirsi probabilmente ad una tomba particolare a mio avviso, perché di una tomba si tratta nel dipinto. Sappiamo sempre tramite i numerosi saggi dedicati a Rennes Le Château e alla sua “misteriosa” chiesa di Santa Maria Maddalena, che Bérenger Saunière durante l’epoca in cui commissionò i lavori di restauro nella sua chiesa, incominciò ad uscire dalla sua stanza a notte fonda, per recarsi nel cimitero del paese e scavare nelle tombe e a spostare i corpi di tomba in tomba tanto da scatenare la rabbia degli abitanti del paese. Tornando a parlare della tomba di Poussin dove c’è raffigurato il dipinto i Pastori D’Arcadia, si può solo dire che sulla tomba compare la scritta “Et in Arca Ego” e non “Et in Arcadia Ego” come ci dovrebbe essere scritto. Forse con quell’arca si intende arca dell’alleanza? È difficile a dirlo per ora.

V.F.: Non si potrebbe trattare di un semplice errore?

S.L.: Anche qui è difficile dare una risposta considerando che su questo mistero ci sono tanti punti interrogativi.

V.F.: Nei suoi studi si è concentrato sui possibili legami fra alcune profezie e gli interessi di Bérenger Saunière, monarchico conservatore e frequentatore di circoli più o meno occulti. Cosa ci può dire a proposito?

S.L.: Nel libro di Giorgio Baietti[2], che poi è stato la base iniziale per le mie ricerche, si parla anche della statua della Vergine Maria posta sopra il pilastro visigoto dove Saunière trovò le famose pergamene. Stando a quello che riporta il dott. Baietti nel suo libro, sopra la statua della Vergine compare un’iscrizione, in cui sarebbe scritto che la Madonna è l’Immacolata Concezione. Sempre lo scrittore ci informa che invece sotto il pilastro c’è scritto per ben due volte penitenza, penitenza, che sarebbe a suo avviso, e concordo con lui, il messaggio di Le Salette. Quindi sotto un certo aspetto Bérenger Saunière si interessò delle profezie Mariane. Senza poi contare, che lo scrittore, usando un metodo numerologico presso le stazioni della via crucis, ha riscontrato che il totale numerico risultava essere il numero della bestia. Per quanto riguarda invece l’ipotesi che Saunière facesse parte di circoli occulti, qui ci troviamo di fronte a ricercatori che sono convinti che lui ne facesse parte, e altri il contrario. A mio avviso lui in qualche modo era parte di queste società segrete, ma con quale reale scopo? Durante i miei studi, ho notato che c’è un'altra singolarità nella chiesa di Santa Maria Maddalena. Girovagando su internet le immagini dell’interno della chiesa, mi sono accorto di una cosa abbastanza inquietante a mio avviso. Nella chiesa troviamo la famosa statua del demone Asmodeo che viene come schiacciato dall’acquasantiera e sopra di esso troviamo 4 angeli che sono in procinto di farsi il segno della croce, e la scritta: con questo segno tu lo vincerai. Se prendiamo la stazione della via crucis numero 6 della chiesa di Santa Maria Maddalena, notiamo che Cristo ha la stessa postura della statua di Asmodeo, e che anche Cristo porta la croce quasi a fatica.

V.F.: Una breve considerazione finale. C’è ancora altro da scoprire nel piccolo paese dell’Aude o tutto quello che si poteva dire è stato detto?

S.L.: A mio avviso, ci sarebbe ancora da scoprire a Rennes le Château e dintorni, senza poi considerare che collegamenti analoghi alla storia di Bérenger Saunière sono stati riportati nel libro di Giorgio Baietti intitolato Lo specchio Inverso[3] per quanto riguarda ad Altare, nel Savonese. Quindi sotto un certo aspetto, credo che anche in Italia ci sia molto da scoprire a riguardo.

Ringraziamo Simone Leoni per il tempo che ci ha voluto dedicare sottraendolo alle sue ricerche, invitandolo a ricontattarci quando ci saranno sviluppi nei suoi studi.

 



[1] Mariano Bizzarri, Rennes le Chateau, dal vangelo perduto dei Cainiti alle sette segrete, edizioni Mediterranee anno 2005.
[2] Giorgio Baietti, L’enigma di Rennes Le Chateau e il tesoro perduto del Graal, edizioni Mediterranee, anno 2006.
 
[3] Giorgio Baietti Lo Specchio Inverso, edizioni L’età dell’acquario 2007

sabato 29 dicembre 2012

Il Natale cos'è

pubblicato su L'Elzevirista del 15 dicembre 2011

di Vito Foschi

Il 25 dicembre si festeggia la data di nascita di Gesù anche se i più non sanno che si tratta di una data arbitraria fissata a posteriori per sovrapporsi ad una festa pagana. La vera data di nascita di Gesù non è nota e nei secoli ci sono state svariate proposte ma mai nessuna conclusiva. La data del 25 dicembre è stata scelta da papa Giulio I nel 336, per sovrapporsi alla festività pagana Dies Natalis Solis Invicti (Il giorno natale del Sole Invincibile) festeggiato in tutto l'impero romano e nel resto d'Europa. Il 25 dicembre era inoltre anche una festività ebraica, in cui si festeggiava la restaurazione e la purificazione del tempio profanato da Antioco Epifane e porta il nome di "Hannukah" o festa della Dedicazione o festa delle Luci.
La Chiesa Cattolica ha spesso sovrapposto alle festività pagane le proprie per estirpare più velocemente le credenze pagane anche se come effetto collaterale parti di tali credenze si sono perpetuate sotto vesti cristiane. Così, per esempio, i vari santi che proteggono ogni attività umana non sono altro che una riedizione del pantheon greco-romano con i vari dei che sovrintendono alle varie azioni dei mortali.
La scelta di tale data potrebbe sembrare casuale, legata a contingenze, ma in realtà ha un profondo significato simbolico.
Il 25 dicembre è in prossimità del solstizio d'inverno ovvero del giorno in cui il sole illumina la terra per il tempo più breve all'anno. Le ore di luce iniziano a crescere da quella data per raggiungere il massimo al solstizio estivo il 21 giugno per poi tornare a diminuire fino al minimo del solstizio invernale.
Il solstizio d'inverno ha rappresentato una scadenza importante per tutti i popoli antichi la cui vita era scandita dalle stagioni e dai ritmi naturali. Sapere che le ore di luce tornavano a crescere e ci si avviava verso la primavera doveva essere una grande gioia. Avere più ore di luce significava aver più tempo per procurarsi il cibo o legna o comunque riuscire ad avere più ore attive. Non dimentichiamoci che non avevano un sistema di illuminazione ed in ogni caso illuminarsi aveva un costo.
Questo ciclo astronomico di crescita e decrescita delle ore di luce è stato accostato al passo del vangelo di Giovanni(3, 30) in cui San Giovanni Battista dice: "Bisogna che Egli cresca e che io decada". Così alla fase discendente del sole si è legato il Battista e a quella ascendente Gesù Cristo. Per completare il simbolismo astronomico, al solstizio estivo, giorno in cui le ore di luce sono al massimo ed inizia il ciclo discendente del sole, è stata fissata la festività di San Giovanni Battista. Un altro passo evangelico in cui si fa riferimento a Gesù come sole nascente è un passo del vangelo di Luca in cui Zaccaria padre del Battista profetizza il destino del figlio e la venuta del Signore:
"grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace"(Luca 1, 78-79)
Il solstizio d'inverno, inizio del ciclo di crescita delle ore di luce si presta bene all'idea di sole che sorge. La scelta della data di nascita di Gesù per quanto a prima vista potrebbe sembrare arbitraria è invece carica di simbolismo tale da far pensare quasi naturale che il Signore non potesse che nascere in quella data

sabato 22 dicembre 2012

Sagrada Familia, l’arte che scolpisce nel tempo

tratto da "il giornale" del 18-7-2007

di Luca Doninelli

Etsuro Sotoo, giapponese di Fukuoka, classe 1953, scultore, è uno dei personaggi più discussi nel mondo dell’arte. Fa parte, infatti, del gruppo di architetti e artisti che stanno portando a termine nientemeno che la Sagrada Familia di Barcellona, il capolavoro incompiuto di uno dei mostri sacri della storia dell’architettura, Antoni Gaudì.
La sua responsabilità è immensa, data soprattutto la concezione della Sagrada, dove i confini tra le due arti sono aboliti completamente, e dove un pensiero potentemente unitario ha guidato l’opera del grande maestro catalano. La storia di Sotoo, raccontata nel libro-intervista realizzato con José Miguel Almuzara e pubblicata da Cantagalli nel volume Dalla pietra al maestro (pagg. 125, euro 14,50), è una di quelle che sembrano fatte apposta per prendere a calci i preconcetti estetici (e antropologici) nei quali siamo immersi.
Sotoo è un artista che, tanti anni fa, credette di passare dalle parti della Sagrada Familia e fermarsi lì per un breve periodo di lavoro. Invece ci è rimasto per sempre, convertendosi addirittura al cristianesimo. Ma non è questo l’aspetto che c’interessa maggiormente, qui. È, piuttosto, il termine principale della vicenda, ossia la pietra. Sotoo non ha incontrato Gaudì attraverso i libri, ma mettendo mano alla pietra là dove l’aveva messa il maestro, immedesimandosi con lui non tanto per via imitativa, ma attraverso l’amore per la materia. La grande scuola giapponese da cui Sotoo proviene non è stata rinnegata, anzi: è stata esaltata, poiché il metodo appreso dai suoi insegnanti si è rivelato esatto.
Noi viviamo nell’epoca più materialista e, insieme, più nemica della materia che si possa immaginare. Abbiamo elevato tristi monumenti all’Incomunicabilità, all’Unicità, alla Non-trasmissibilità dell’esperienza. Nel genio non ci si può immedesimare, dice la vulgata: lo si può ammirare, se ne può godere (ah, le emozioni!), ma non lo si può fare nostro. Sotoo smentisce questo preconcetto, che nasce dalla nostra paura della materia. Sia fatta di marmo, di terra, di colori o di parole, la materia è sempre la carne dell’esperienza.


sabato 8 dicembre 2012

Se il mercenario è "vera civiltà"

E’ la provocatoria tesi dello studioso Mockler secondo il quale nel ‘400 italiano i soldati di ventura fanno del mestiere delle armi un’arte nobile quasi incruenta

La recenzione al seguente link:

http://www.rassegnastampa-totustuus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=5235


mercoledì 14 novembre 2012

Se la cultura fa squadra e... compasso

tratto da Il Giornale di Gio, 12/07/2012

di Daniele Abbiati

 «Pierre, col cuore sospeso, con gli occhi sfavillanti, guardava in viso il massone, lo ascoltava senza interromperlo, senza interrogarlo, e con tutta l'anima credeva a ciò che gli diceva quell'estraneo. Credesse alle argomentazioni contenute nel discorso del massone o credesse, come credono i fanciulli, alle intonazioni, alla persuasione, al fervore che erano in quelle parole, al tremito della voce che a volte quasi impediva al massone di parlare, o a quei luminosi occhi di vecchio, invecchiati in quella convinzione, o a quella calma, a quella fermezza, a quella coscienza della sua missione che splendevano in tutta la persona di lui e che lo colpivano tanto più fortemente a paragone del proprio avvilimento e della propria disperazione, certo è che con tutta l'anima egli desiderava di credere, e credeva, e provava un lieto senso di tranquillità, di rinnovamento, di ritorno alla vita».Il cuore del leone Lev Tolstoj s'intenerisce, come sempre, quando si tratta di entrare nel cuore degli altri per scriverli dal di dentro. Il cuore di Pierre Bezuchov è terreno fertile, sia per il vecchio massone (fra i camei più preziosi di Guerra e pace), sia per lo scrittore. Intelligente ma ingenuo, ingenuo ma intelligente, fuori luogo nell'alta società eppure affascinante per i dubbi che lo tormentano, Pierre si dà all'iniziazione come un prigioniero che si arrende dopo la guerra e cerca la sua pace interiore. È il prototipo dell'affiliato, il sommerso salvato e insieme il salvato sommerso: mare concentrato nella goccia e goccia tuffata nel mare della religione laica.Lo stesso mare e le stesse gocce annaffiano gran parte della letteratura italiana del '900, come spiegava qualche anno fa Paolo Mariani nel saggio La penna e il compasso (Il Cerchio). Due i casi più eclatanti. Giovanni Pascoli il 22 settembre 1882 entrò nella loggia «Rizzoli» di Bologna, e il suo testamento massonico autografo, rinvenuto nel 2002 dallo storico Gian Luigi Ruggio, fu acquistato dal Grande Oriente d'Italia nel giugno 2006 a un'asta di manoscritti. Mentre vent'anni prima del «Fanciullino», dopo la «Giornata dell'Aspromonte», un altro «leone», a suo modo tolstojano, Giosue Carducci, divenne «fratello» (proprio la poesia Dopo Aspromonte ne è la certificazione). Nel 1862 Guerra e pace era ancora «in lavorazione», come l'Italia di Carducci e di Pascoli. E per mettersi all'opra molti indossarono i «grembiulini».

domenica 11 novembre 2012

Delle veloci considerazioni sul Signore degli Anelli

di Vito Foschi

I vari personaggi della Compagnia fanno parte di varie specie: elfi, uomini, hobbit, nani. Gli Hobbit, chiamati mezzi uomini sembrano rappresentare la parte infantile dell'uomo e vivono in un stato di tranquillità preoccupandosi delle piccole cose come il cibo. Come arma hanno un pugnale che rappresenta quasi un temperino da ragazzini.
Il nano rappresenta la parte più materiale dell'uomo. Vive sotto terra, è basso, brutto, ma robusto e usa l'ascia come arma che è un'arma molto primitiva una delle prime ad essere creata dall'uomo.
Gli elfi rappresentano la parte spirituale dell'uomo. Sono immortali, sono belli, usano l'arco che è un'arma che rimanda al cielo: la freccia vola. Infatti nell'oroscopo il segno del sagittario ha questa aspirazione spirituale rappresentato dall'arco anche se ha l'ambivalenza di avere le gambe ben piantate a terra.
L'uomo dovrebbe avere in sé tutti questi aspetti, unire la forza del nano, la spiritualità degli elfi e lo sguardo semplice degli hobbit.